Una campagna di Rafiqueer Boat Project
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UNA BARCA QUEER E TRANSFEMMINISTA PER LA SOLIDARIETÀ GLOBALE
AL FIANCO DELLA POPOLAZIONE PALESTINESE
Il Mar Mediterraneo è oggi uno dei mari più militarizzati del pianeta: un territorio di conquista coloniale attraversato da merci, armi, gas, petrolio e da chi può permettersi la libertà di movimento.
Per molte altre persone, invece, lo stesso mare è una frontiera segnata da stragi, segregazioni e torture: il luogo dove si spezzano vite di chi, lasciando affetti e terre d’origine, tenta di costruirsi un futuro migliore rischiando tutto.
In questi anni la “pace” funzionale a chi specula sulla vita delle persone è stata incrinata dalla solidarietà internazionale e dalle resistenze quotidiane: dalle flottiglie contro l’assedio di Gaza alle barche che sostengono chi rischia il naufragio; dalle lotte popolari contro la TAP (xxxx) e i porti turistici ai blocchi portuali contro il traffico di armi; fino alle mobilitazioni contro lo sbarco di coloni israeliani dalle navi da crociera.
Una barca queer e transfemminista, autofinanziata navigherà questo mare insieme a Thousand Madleens, e parteciperà alla flottiglia che la prossima primavera salperà verso la Palestina. Con noi vogliamo portare pratiche, relazioni e immaginari di chi si riconosce in un movimento globale di resistenza contro la violenza patriarcale.
“In the name of love.”
Quando il genocidio in Palestina era ormai sotto gli occhi di tuttə, abbiamo visto chiaramente i gesti atroci con cui la propaganda sionista tentava di chiamarci in causa. Dalla proposta di matrimonio di un soldato al compagno omosessuale mentre partecipava alla strage di un intero popolo - in un Paese dove, peraltro, non esiste né matrimonio né unione civile! - alla bandiera arcobaleno brandita “in nome dell’amore” tra le macerie dei bombardamenti su Gaza.
Negli ultimi anni la propaganda omonazionalista messa in campo da Israele e, cioè, l’uso dei diritti LGBTQIA+ come vetrina per mostrarsi progressista mentre si occultano politiche coloniali e violenze sistematiche, ha superato un punto di non ritorno. Si è ormai intrecciata in modo totale con la logica nazionalista che giustifica la pulizia etnica e il genocidio contro la popolazione palestinese.
Il “velo rosa”, che per anni ha dipinto l’occupazione coloniale come una presunta forma di protezione per donne, lesbiche, gay, trans e queer palestinesi considerate vittime di un patriarcato, è definitivamente caduto. Dietro rimane la retorica della “guerra al terrore”, quella che trasforma ogni palestinese in un bersaglio da disumanizzare e annientare.
Da una sponda all’altra del Mediterraneo, intanto, i colpi di coda del dominio patriarcale si abbattono sulle nostre vite. In Italia da cui stiamo organizzando la barca, fondamentalismo religioso e nazionalismo aggrediscono quotidianamente le esistenze di tuttə, soprattutto quelle di chi non possiede i “documenti giusti” per essere riconosciutə in Europa.
Prendere il mare, per noi, non è un gesto unilaterale di solidarietà: è un modo per unire resistenze, intrecciare lotte e testimoniare come colonialismo e patriarcato siano elementi inseparabili della stessa oppressione.
Per questo rivolgiamo un appello a persone, collettivi e realtà che condividono questa visione: partecipate attivamente, organizzate iniziative territoriali di confronto e sostegno, contribuite alla preparazione e al crowdfunding continuando a sostenere chi resiste in Palestina . Rendiamo insieme possibile questa traversata organizzando dal basso un programma di iniziative in tutte le città tra gennaio e febbraio.
RAFIQUEER* BOAT PROJECT
Per una barca transfemminista verso Gaza
* Abbiamo preso in prestito la parola araba rafiq/rafiqa — compagno/compagna — e l’abbiamo rielaborata in chiave queer.
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