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C’è chi ha conservato alcuni numeri dei giornalini a fumetti della propria infanzia, mentre altri non ne hanno neanche uno, forse vittime (si fa per dire) di genitori troppo solerti nel disfarsi delle cose vecchie o già utilizzate. Ci sono anche alcuni, però, che sono riusciti a recuperare raccolte complete dei loro preferiti. Sono persone fortunate: possiedono un piccolo, immenso tesoro affettivo che racchiude in sé tutto un mondo di memorie, di ricordi di merende come non si usano più, di caroselli e di serie televisive in bianco e nero, di giochi fatti di niente, sul marciapiede sotto casa o nel parco vicino, magari con pochi sassi, con un gessetto, con della carta da piegare e ritagliare, con dei tappi di sughero o con delle mollette da panni.
Martin Luther King (di Attilio Micheluzzi, 1982)
Negli anni ’60 e ’70, quando in molte famiglie italiane le risorse da impiegare per il divertimento dei piccoli erano poche, i giornalini rappresentavano un appuntamento prezioso, a lungo sognato e desiderato. C’era un giorno stabilito nel quale uscivano in edicola o arrivavano a casa in abbonamento e spesso continuavano il discorso interrotto nel numero precedente e sul quale tutti noi che siamo stati bambini in quegli anni avevamo continuato a ricamare storie, a inventare possibili finali tragici o gioiosi, a costruire mondi bellissimi e paralleli nei quali abitare identificandoci con questo o quel personaggio di carta. Ognuno di noi ne aveva uno preferito: c’era chi si sentiva Valentina Mela Verde e chi Bernard Prince, chi sognava viaggi interstellari come Luc Orient e chi ammirava un commissario italiano come Eugenio Spada.
Capitan Rogers (di Giorgio Cavazzano, 1986)
Altri personaggi un po’ particolari erano oggetto di identificazione inconscia, ma non per questo meno profonda o importante per la nostra crescita. Si trattava dei personaggi un po’ buffi e un po’ ridicoli: non supereroi, ma quasi sempre bambini o ragazzini spesso un po’ maldestri, a volte sfortunati, altre un po’ tonti, ingenui o creduloni.
Teddy Teller (di Aldo Di Gennaro, 1968)
Tutti i bambini si sentono così, vulnerabili e non abbastanza furbi per il mondo dei grandi e dei loro sporchi affari e vedere, senza riconoscerla come propria, l’immagine di sé come ci si sente a volte e come non si vorrebbe essere, sdrammatizza questa paura stessa. Si ride di questo o quel personaggio che rappresenta una nostra paura e così quella paura la si attraversa e la si addomestica trasformandola in un’esperienza familiare alla quale sperimentiamo di poter sopravvivere.
Nick Carter (di Bonvi, 1973)
Con i giornalini di quegli anni arrivava anche una grande quantità di notizie sulle scoperte della scienza, sui misteri della natura, sulle vicende affascinanti e a volte paurose della storia. Erano notizie serissime, qualche volta anche difficili da comprendere, ma poiché erano sempre accompagnate da un supporto iconico che le rendeva gradevoli, la nostra mente bambina era invogliata a cercare di capirle a differenza di quanto, invece, poteva accadere a scuola.
Possedere annate complete di Corrierini e Giornalini è un po’ come poter fare un viaggio con la macchina del tempo tra odori e sapori perduti. Si leggono le scritte racchiuse nelle nuvolette e ci si tuffa nel piacere delle immagini che sembrano quasi resuscitare il nostro Io bambino. Rileggere con sguardo adulto le pagine così tanto amate in altre epoche della nostra vita, apprezzando con maggiore consapevolezza l’accuratezza di determinate immagini, la creatività di certe articolazioni delle vignette, l’intelligenza non pedante dell’esposizione di temi di carattere scientifico o tecnico, è un po’ come compiere un viaggio dentro di sé prendendosi cura delle proprie più antiche e fragili emozioni.
Corrierino e Giornalino è un blog nato proprio dal desiderio di condividere con altri questa specie di viaggio nel passato e dentro di sé, attraverso la pubblicazione con ritmo regolare e prevedibile (come l’uscita in edicola di quegli stessi giornalini, quando eravamo piccoli), dopo averle scansionate, di storie e rubriche che ci avevano affascinato o colpito. Le storie e le rubriche, però, non vengono fornite tutte insieme, ma si cerca di ricreare quel clima di attesa che precedeva l’uscita degli amati giornalini in cui erano contenute. Un clima forse inimmaginabile per i bambini di oggi, abituati ad avere tutta e subito una gran quantità di materiale ludico e quindi anche un po’ privati della possibilità di desiderare e incapaci di tollerare la piccola frustrazione legata all’attesa e il brivido dell’ansia che la caratterizza.
Come al solito (di Milo Manara, 1974)
Per riprodurre lo spirito dell’epoca, oltre alla scelta di ricreare il clima di attesa delle storie, c’è, poi, l’idea dell’appuntamento fisso, come nel caso della piccola Ciccibum. Ciccibum non ha ancora compiuto l’età fatidica in cui di solito si pronuncia intenzionalmente e consapevolmente la prima parola: l’anno di vita. Non parla ancora, cioè non possiede il linguaggio che gli adulti possono utilizzare per mentire, ma si serve di quello del corpo che non può farlo e osserva il mondo e i grandi con i suoi occhi puntuti come spilli e nerissimi. Sono occhi acuti, che comprendono tutto. Non sa usare le parole, eppure, a differenza degli adulti, sa fare qualcosa di molto più difficile: sa dialogare con il sole e con i suoi raggi, con i fili d’erba, con le gocce di pioggia e con i fiocchi di neve.
La piccola spia (di Dino Battaglia, 1982)
Perché la magia di questo viaggio all’indietro nel tempo e dentro di sé, alla ricerca delle proprie tracce, sia possibile, è necessario, però, che la riproduzione virtuale risulti godibile come lo era un tempo quella cartacea: dunque che sia ben leggibile, di grande dimensione, nitida e brillante nei colori.
A differenza di quanto poteva accadere con i giornalini su carta la collezione virtuale di questo blog, ricreata giorno per giorno attraverso la programmazione di nuove scansioni e pubblicazioni, non può perdersi, ma si arricchisce nel tempo di nuovo materiale che viene accuratamente catalogato e archiviato secondo diverse possibili variabili (disegnatore, sceneggiatore, personaggio, data, titolo della storia, etc...) in modo da risultare sempre reperibile.
I figli del serpente (di Gianni De Luca, 1974)
Contribuisci a mantenere in vita il blog Corrierino e Giornalino le cui spese di realizzazione, memorizzazione e distribuzione sul Web costano sempre di più (i dettagli delle spese finora sostenute si trovano qui). Se si raggiunge l'obiettivo di 3,000 € allora saranno assicurati almeno altri tre anni di vita (ma potrebbero essere anche di più) del sito e in questo modo tutti noi potremo continuare a dialogare con i fiocchi di neve e con i raggi di sole e potremo anche, in ognuno degli altri giorni, camminare in punta di piedi e in silenzio sulle tracce di noi stessi.
Sono un pelandrone scaramantico. Praticamente ho ricopiato pari-pari le descrizioni delle due campagne, concluse nel 2016 e nel 2021, che con gli oltre 5,000 € allora raccolti mi hanno permesso di coprire le spese del blog per gli ultimi 8 anni. Se ci riuscii allora (e proprio con questo testo di presentazione) allora forse ce la posso fare anche oggi (eccola qui la scaramanzia) lasciando quasi tutto inalterato a parte cambiare le immagini a corredo.
Pinky (di Massimo Mattioli, 1996)
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