È possibile dirigere uno spettacolo teatrale a distanza? È possibile sottrarre una compagnia teatrale palestinese all'isolamento partendo da un altro forzato isolamento? Un'“intifada” fatta di ironia, una lotta di liberazione portata avanti con Skype, mail e telefonate intercontinentali è quella combattuta da Pietro Floridia e dall'Al-Harah Theater di Beit Jala, città della Cisgiordania a un paio di chilometri da Betlemme e a tre da Gerusalemme, ma al di là d'un muro alto tre metri.
L'ANTEFATTO
5 novembre 2013. Pietro, Fulvio e Gabo si imbarcano all'aeroporto Marconi di Bologna alla volta di Tel Aviv. Contano di atterrare al Ben Gurion per l'ora di cena. Ad aspettarli ci sarà Marina Barham, che li condurrà a Beit Jala, in Cisgiordania, dove resteranno per circa due mesi. La permanenza sarà lunga, ma il lavoro da fare è tanto, e il tempo sarà appena sufficiente.
Pietro Floridia (regista, drammaturgo, direttore artistico della compagnia Cantieri Meticci) ha in valigia il testo della sua commedia “Shakespeare's Sisters”, che parla di solidarietà femminile, di affermazione dell'identità, di solitudine e del ruolo della donna nella società palestinese. Il testo è stato sviluppato sulla base dei materiali documentari raccolti da Marina e dai suoi collaboratori nei mesi precedenti, nell'ambito del progetto Alone We Stand, realizzato in partnership con Teatro dell'Argine e Oxfam Italia, e co-finanziato dalla Commissione Europea. Mirna, drammaturga e attrice dell'Al-Harah Theater, ha già iniziato il lavoro di traduzione, ma Pietro sa bene che ci sarà bisogno di tagliare, adattare, scucire e ricucire il testo sui corpi e sulle voci degli attori che prenderanno parte al progetto.
Ma ecco che accade l'imprevisto. Mentre Fulvio e Gabo passano indenni i controlli della polizia di frontiera all'aeroporto Ben Gurion, Pietro non è altrettanto fortunato: proprio lui che si portava dietro il bagaglio più pesante, fatto di storie, contatti e responsabilità, dopo essere stato trattenuto per ben otto ore fra attese e interrogatori, viene rimpatriato. Per cinque anni non potrà più entrare in Israele e di conseguenza in Palestina.
IL PROGETTO
Il documentario Alone We Stand comincia da qui: è la storia di un respingimento e di una piccola resistenza quotidiana. Parla di come si possano abbattere le barriere fisiche e i confini grazie al potere della rete. Racconta un angolo poco frequentato della Palestina, dove si incontrano teatro e questione femminile.
Alone We Stand è soprattutto il backstage dello spettacolo teatrale "Shakespeare's Sisters", un progetto che vede la luce grazie alla buona volontà di tutti i protagonisti della nostra storia. Quando Pietro è costretto a tornare in Italia, Marina, Fulvio, Gabo, Mirna e tutti gli attori e i tecnici dell'Al-Harah Theater non si perdono d'animo.
Pietro non rinuncia alla regia, che avviene via Skype. Ogni giorno si collega dalla scrivania del suo studio, segue con Mirna la traduzione e l'adattamento del suo testo, assiste alle prove degli attori e dà allo scenografo Gabriele Silva (Gabo) tutte le istruzioni su come allestire gli spazi. La telecamera ce lo mostra nella sua stanza piena di libri, o in compagnia di aiutanti che lo sottraggono alla solitudine della sua parte di schermo. Mentre a Beit Jala un'altra telecamera riprende gli attori che si confrontano col testo, lo fanno proprio fino a farlo vivere sulla scena.
CHI SIAMO
Siamo Alessia Del Bianco e Fulvio Rifuggio, videomaker e membri insieme a Pietro Floridia della compagnia Cantieri Meticci. Abbiamo all'attivo, ognuno per proprio conto, un gruzzolo di esperienze nel campo del documentario sociale a Gaza, in Senegal, presso le comunità saharawi del deserto algerino. Nel progetto Alone We Stand abbiamo lavorato insieme per la prima volta.
COME AIUTARCI
Il documentario è stato girato fra novembre e dicembre 2013 ed è oggi in fase di montaggio. È totalmente autoprodotto.
Per finalizzare il film, procedere al mixaggio audio, confezionarlo per una visione ottimale nelle sale e iniziare a distribuirlo nei festival abbiamo bisogno del vostro aiuto.
Abbiamo quantificato quest'ultimo sforzo in 7000€, divisi in 700 quote da 10€ ciascuna. Per sostenerci potete prenotare una o più quote, o semplicemente raccontare di noi ai vostri amici e invitarli a visitare la nostra pagina qui su Produzioni dal Basso o su
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Bastano 10 € per assicurarsi una menzione nei titoli di coda del film e una copia digitale del risultato finale del nostro sforzo.
Ecco come procedere:
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Pagherete le quote prenotate solo al termine della campagna e solo se il finanziamento collettivo sarà andato a buon fine. Saremo noi a contattarvi tramite email e vi forniremo tutte le indicazioni per il pagamento. Al termine della lavorazione riceverete la vostra ricompensa.
[ENGLISH version]
Is it possible to direct a performance from a distance? Is it possible to draw a Palestinian theatre company from isolation for someone who is himself isolated? Pietro Floridia has fought an Intifada made of irony together with the Al-Harah Theatre of Beit Jala, a Cisjordanian town only a couple of kilometres from Bethlehem and three from Jerusalem but separated from them by a nine feet tall wall. A liberation struggle carried on by means of Skype and intercontinental calls.
BACKSTORY
November 5, 2013. Pietro, Fulvio and Gabo board at Marconi airport in Bologna heading towards Tel Aviv. They plan to land at Ben Gurion airport by dinner time. Marina Barham will be waiting for them, ready to take them to Beit Jala, Cisjordania, where they will stay for about two months. The stay will be long but there is a lot of work and time will barely be enough.
Pietro Floridia (director, playwright, artistic director of the company Cantieri Meticci) carries in his suitcase his new play “Shakespeare’s Sisters”, dealing with female solidarity, affirmation of identity, solitude and the role of the woman in the Palestinian society. The play has been developed based on documentary materials gathered by Marina and her partners in the previous months, within the frame of the project Alone we Stand, produced together with Oxfam Italia and Teatro dell’Argine, and co-financed by the European Commission.
Mirna, actress and playwright at Al-Harah Theatre, has already begun translating the play but Pietro knows well that he will be needing to cut, adapt, unstitch and stitch back again to match the words with the bodies and voices of the actors involved in the project.
But here comes the unpredicted. While Fulvio and Gabo go untouched through the border check at Ben Gurion airport, Pietro isn’t quite as lucky: he, who carried the heaviest load made of tales, contacts and responsibilities, is repatriated after an eight hours long interrogation.
He won’t be allowed into Israel and therefore Palestine for the next five years.
THE PROJECT
The documentary Alone We Stand begins here: it’s a story of refoulement and little daily resistance. It tells us how it is possible to pull down the physical barriers and borders thanks to the power of the net. It is about an unfrequented corner of Palestine where theatre and female issue meet.
Alone We Stand is mainly the backstage of the staging of “Shakespeare’s Sisters”, a project that comes to life thanks to the goodwill of every character in our story.
When Pietro is forced to go back to Italy, Marina, Fulvio, Gabo, Mirna and the actors and technicians of Al-Harah Theatre don’t lose heart.
Pietro doesn’t give up directing, and he does it via Skype. Every day he logs in from his studio’s desk, supports Mirna with the translation and adaptation of his play, he supervises the rehearsals and gives all the instructions on how to set the scene to Gabriele Silva, the set designer. The camera shows him in his room filled of books or together with his assistants who fight the solitude on his side of the screen while in Beit Jala another camera films the actors confronting the play.
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