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B.I.R.R.A. 2018Bagarre Internazionale delle Riviste Alternative

Una campagna di
Nie Wiem

Contatti

Una campagna di
Nie Wiem

B.I.R.R.A. 2018Bagarre Internazionale delle Riviste Alternative

B.I.R.R.A. 2018Bagarre Internazionale delle Riviste Alternative

Campagna terminata
  • Raccolti € 285,00
  • Sostenitori 15
  • Scadenza Terminato
  • Modalità Raccogli tutto  
  • Categoria Libri & editoria

Una campagna di 
Nie Wiem

Contatti

Il Progetto

B.I.R.R.A. 2018

Bagarre Internazionale delle Riviste Alternative

Dopo anni di fermentazione, in cui sono morte e nate tante riviste, cartacee e online, sono cambiati i modi di comunicare, raccontare, illustrare, fake news e troll hanno invaso l’infosfera; torna la Bagarre Internazionale delle Riviste Alternative.

Cos’è B.I.R.R.A.?

La prima edizione di B.I.R.R.A. si tenne nel 2007 a Umbria Libri, organizzata dalle riviste Eleanore Rigby e Fam Frenulo a mano. Dopo un tour per l’Italia, nel 2010 B.I.R.R.A. approdò al Bartleby, spazio autogestito di Bologna.

B.I.R.R.A. intende dare alle riviste una possibilità e un luogo di confronto e visibilità, aprendo a tutti un mondo spesso conosciuto solo dagli addetti ai lavori. Realtà vivissime a livello locale, le riviste indipendenti spesso si scontrano con un mercato editoriale dove non sembrano trovare spazio.

Cosa sarà B.I.R.R.A. nel 2018?

Una nuova edizione del B.I.R.R.A. è in programma domenica 9 settembre al FARgO, spazio di arte movimento e ozio nel Parco del Cardeto, sotto il faro di Ancona.

B.I.R.R.A. 2018 ospiterà un mostra mercato delle riviste indipendenti, reading, incontri, dj set, birrifici artigianali e le grigliate di Mi Rancho.

B.I.R.R.A. 2018 è organizzata da

Argo

in collaborazione con

Accorretti

Le riviste invitate

La Balena Bianca

OperaViva Magazine

Not

L'indiscreto

Il primo amore

Figure

Cannibali e Re

La Caduta

Malamente

& altre

Si può aderire al BIRRA, inviando una email a accorretti@gmail.com


Ospite speciale

Vanni Santoni (1978), dopo l'esordio con Personaggi precari (RGB 2007, poi Voland 2013), ha pubblicato, tra gli altri, Gli interessi in comune (Feltrinelli 2008), Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza 2011), Terra ignota e Terra ignota 2 (Mondadori 2013 e 2014), Muro di casse (Laterza 2015), La stanza profonda (Laterza 2017) e L'impero del sogno (Mondadori 2017). È fondatore di SIC – Scrittura Industriale Collettiva).


Programma

☛ dalle ore 15 alle 24: mostra-mercato

☛ ore 17-20: tavola rotonda Le riviste ai tempi dei fake e dei like

Cosa significa fare riviste quando tutto sta cambiando ma nulla cambia davvero? Partecipano: Vanni Santoni (TheFLR – The Florentine Literary Review), Roberto Gerace (Il primo amore), Lorenzo Cardilli (La Balena Bianca), Nicolas Martino (OperaViva Magazine) e altri.

☛ ore 21.30: Vanni Santoni presenta il suo romanzo La stanza profonda (Laterza, 2017), archetipo della redazione immaginifica

☛ dalle ore 19 grigliate di Mi Rancho + microbirrifici artigianali

☛ dalle ore 20 jazz manouche


Estratti di riviste

OperaViva Magazine
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Antropofagie sincretiche

Dopo quasi cinquecento anni, questa storia perturbante dei primi incontri tra culture radicalmente diverse viene rielaborata in una performance che tenta di rielaborare un sincretismo antropofagico. Queste due parole sono fondamentali per intendere il disincontro tra queste due cosmologie che causerà uno dei più tragici genocidi nella storia dell’umanità. Etnocidio biologico e culturale. Gli Europei praticarono un attacco convergente verso la distruzione di ogni carattere autonomo – filosofico, religioso, culturale – delle popolazioni native. Attacco che continua specie in Brasile per l’azione simultanea di un governo para-golpista, con l’influenza determinante di fazendeiros (proprietari terrieri latifondisti) e missionari evangelici. Il governo della terra e dell’anima si allea per compiere l’estremo annullamento materiale e immateriale delle culture indigene. I fazendeiros vogliono penetrare nelle riserve per coltivare la soia, l’oro verde, corrompendo alcune persone ingenue e alleandosi coi politici corrotti; gli evangelici attuali (a differenza dei missionari cattolici che hanno evitato dopo il concilio di praticare l’evangelizzazione, in parte restaurata dal cardinale Ratzinger prima di diventare papa) hanno il compito «militare» di distruggere ogni cosmologia sacra per governare le anime con un rigido schema protestante, che da diversi anni sta penetrando e annullando ogni tradizione afro-brasiliana e nativa considerate eresie diaboliche.

La Balena Bianca
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Geert Lovink e L’abisso dei social media

Lovink elabora una specie di tesi dello “sfruttamento” dei social media, evidenziando il pericoloso passaggio compiuto dalle pratiche basate sul codice html del web aperto (web 2.0) al “mi piace” e alle raccomandazioni che si manifestano all’interno di sistemi chiusi, i social media appunto. Egli teorizza la cosiddetta “economia del mi piace”, le cui conseguenze più dirette e tragiche sono l’appiattimento dei contesti sociali e la riduzione codificata delle complesse relazioni umane. Insomma, il quadro delineato è tanto tragico quanto reale. Tuttavia, l’autore pone l’accento anche sui numerosi tentativi di contrasto a queste tendenze. Ad esempio, il progetto di ricerca Unlike Us, avviato nel 2011 con lo scopo di riunire artisti, attivisti, programmatori e lavorare su un’idea di “social media alternativi”, vale a dire: decentralizzati, non-profit e che garantiscano la tutela della privacy. Per poter essere una valida alternativa a Facebook, secondo Unlike Us, occorre essere anticapitalisti.

Una grande parte della trattazione è riservata al modello d’impresa su internet, basato sul “gratuito e aperto”. L’autore ci pone di fronte a un quesito importante: quando è il caso di abbracciare e promuovere la produzione gratuita? Egli afferma:

“Dal software libero alla musica gratuita è andata così imponendosi la cultura della copia, rendendo difficile ai produttori di contenuti culturali guadagnarsi da vivere tramite la vendita diretta.”

Il Primo amore

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Il linguaggio del senso comune usato come un manganello

Quello che è in atto in questi tempi è uno stupro di gruppo del linguaggio. Il pensiero, di cui il linguaggio è l’espressione, resta a terra, rantola frasi deturpate, non arriva alla fine della frase. E un pensiero violato produce un’epoca violenta, il cui braccio armato è l’ignoranza. E l’ignoranza, come si sa, non la si toglie con il titolo di studio.

Il punto è che abbiamo tutti contribuito all’impoverimento del pensiero. Siamo tutti compromessi, non vale più tirarsi indietro. È solo per codardia intellettuale che in questi anni abbiamo infatti accettato di considerare i commenti a Facebook, a booking.com o a Tripadvisor come nuove espressioni di democrazia. È solo per carenza di immaginazione politica che abbiamo scambiato uno sfogatoio per un’agorà; ed è da qui che carica il colpo il manganello del senso comune.

Abbiamo accettato che un albergatore, un ristoratore, o un cittadino potessero diventare ostaggi di una lingua modulata sul linciaggio, di frasi e tweet con le vene gonfie per la rabbia, di “mai più”, “andatevene a casa”, “non siete neanche capace a fare i letti”, “i vostri cessi gridano vendetta”, “fate schifo”, e “che i nostri figli vi facciano pagare cara l’attesa della pizza”.

L'indiscreto


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La risposta dell’arte contemporanea all’eccesso di immagini

Secondo un rapporto del 2015 di Magisto, ogni proprietario di uno smartphone crea circa cinque nuove immagini al giorno (e, cosa più importante, ne conserva in memoria  sul proprio telefono una media di 630).
Tuttavia, i numeri possono aumentare facilmente: ognuno di noi può essere testimone di questo processo semplicemente prendendo in considerazione la propria frenesia di registrazione visiva. I social network, già straripanti di fotografie, si orientano sempre più alla gestione e alla condivisione di immagini. Un fenomeno che ben esemplifica questo processo è la crescita esponenziale di Instagram, che miete nuovi utenti a un ritmo sempre più alto.

In una situazione come questa, è banale parlare di Image Overload: viviamo in un mondo in cui le immagini ci dominano da tutti i lati. Una realtà dove il nostro orizzonte dell’immaginazione è da ricercare fra un album di fotografie di nostra cognata a Rosignano Solvay e la nuova collezione di Gucci.

Tornando a Benjamin, possiamo affermare con certezza che l’incredibile diffusione che la fotografia ha avuto negli ultimi anni in qualche modo conferma la predizione del filosofo e sociologo tedesco negli anni ’30 del secolo scorso. Facendo un passo avanti, possiamo riprendere Susan Sontag che nel suo saggio Nella Caverna di Platone, affermava:

«Le fotografie alterano e ampliano le nostre nozioni su ciò che vale la pena guardare e ciò che abbiamo il diritto di osservare».

Figure

Il mito della creatività

Ci sono tante accezioni di creatività, usi svariati; certi luoghi caratteristici e non altri. Ambienti urbani e non rurali, la West Coast e non Foggia; atelier e laboratori universitari; narrazioni parodistiche ed epiche. E ancora di più sono le sfere dell’esistenza tinteggiate dai colori in technicolor del mito, modelli di vita più o meno pervasivi: un certo modo di vestirsi e divertirsi, un certo gusto musicale, dei consumi culturali ricercati e diversi da quelli della produzione massificata, diritti civili e ecologismo: tutta una serie di elementi che costituiscono una rappresentazione del sé, un’immagine di uomo a cui tendere; quello che potevano essere i santi e gli eroi in epoche passate. C’è un pensiero che nutre il mito secondo il quale la creatività sarebbe capace di interpretare l’uomo nella sua totalità, tanto da prendere le forme precettistiche di una filosofia di vita, fatta di una morale, di ritualità e appunto di miti. Possiamo vedere un uso di questa ragnatela di concetti e discorsi nei dibattiti sulla scuola e sull’educazione: nelle idee della scuola steineriana, nelle riforme e nelle direttive dell’istruzione pubblica degli ultimi anni, nei consigli che vengono dati ai giovani che riflettono su cosa faranno da grandi e nella costruzione dei loro sogni di libertà futura. Nelle forme che dovrebbe assumere una vita degna di essere vissuta. Numerose sono le figure che portano l’aureola creativa sulla fronte, diventandone – anche senza volerlo – gli eroi: da Leonardo da Vinci a Mark Zuckerberg, dai geni della scienza ai divi del rock, passando per cuochi e tatuatori, programmatori e ingegneri informatici; ma anche figure nuove che nascono negli spazi liberati del nuovo mondo: youtuberfashion blogger, organizzatori di eventi (categorie un po’ sfottute, un po’ ammirate, un po’ invidiate). Sia il grande immaginario globale e nazionale che il nostro piccolo immaginario privato, fatto di posti frequentati e facce conosciute, sono popolati da figure significative che risplendono dell’aura mitica della creatività.

La diffusione è tale e talmente disordinata che risulta complesso tenerne assieme i pezzi: ci sono barbieri creativi, bar creativi, persone che vivono da creative il loro tempo libero; si parla di economia creativa (il sottotitolo: come le persone fanno dei soldi con le idee). Il mito ci racconta che ogni cosa potenzialmente può essere fatta con un surplus dato dalla creatività e che ognuno possa essere – nel suo piccolo ma anche in grande – un artista di quello che fa, esprimendo sé stesso. Questo viene da pensare quando si parla di creatività nella gestione aziendale; creatività come caratteristica che, non solo il manager, ma anche il lavoratore non specializzato dovrebbe possedere e/o sviluppare per migliorare il suo lavoro e la produzione, per gli interessi aziendali, ma anche per i suoi propri. Nessuno vuole essere un lavoratore-macchina, l’appendice biologica di app, torni e computer; tutti vogliono essere degli individui che partecipano attivamente a quello che fanno, soprattutto se questo occupa una parte consistente del loro tempo e delle loro energie. Quando si parla di mito della creatività si sta parlando soprattutto di individui e del modo che hanno di vivere la loro vita: di un’idea di uomo che serpeggia tra le narrazioni e le immagini, presentata come esportabile in ogni campo e in ogni luogo, un’idea di uomo che rimanda necessariamente a un’idea di mondo. Questo.

Not

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Google Messiah

 L’idea di fondo è che la specie umana sta muovendo verso un nuovo stadio evolutivo caratterizzato da una fase post-darwiniana nella quale l’evoluzione non sarà guidata solamente dalla selezione naturale ma sarà autodeterminata grazie alla robotica, dalla genetica e dalle nanotecnologie.

Stiamo entrando, di fatto, in un terreno scivoloso che mescola fantascienza, tecnologia e genetica sino a portarci sulle orme di un futuro definito generalmente transumano, che consentirà all’umanità di superare l’eterogeneità razziale e culturale a partire esclusivamente dalla capacità di evolvere in una specie geneticamente e intellettualmente superiore. In questo terreno ibrido si colloca il Selfish ledger, un terreno per certi versi fantascientifico, al cui cuore esiste tuttavia il sogno transumanista di creare una specie umana priva delle vulnerabilità e delle debolezze di quella in cui siamo nati. In questo senso il Ledger si propone di accumulare i dati della nostra generazione e delle generazioni passate e future in modo tale da modificare e controllare il comportamento e la condotta di ciascuno. In generale, la capacità del Ledger di decidere per noi è stata messa in relazione alla Sentient Global Simulation, una specie di tecnica militare spesso descritta come l’equivalente della pillola rossa in Matrix e in base alla quale l’umanità si troverebbe a vivere finalmente in una specie di mondo simulato dove fa da cavia umana all’intelligenza artificiale.A prescindere dalle interpretazioni possibili, il fatto è che l’ipotesi stessa di affidare il futuro umano all’intelligenza artificiale ben si inserisce nel contesto della riflessione transumanista che non a caso filtra sempre di più nel suo strano delirio dentro i media tradizionali. Zoltan Istvan per esempio ne parlava nel Guardiancome una opportunità: «Potrebbe essere saggio da parte nostra metterci nelle mani di un’intelligenza macchinica che possa e sappia prendere le decisioni migliori per la maggioranza delle persone. È esattamente quel che sarebbe dovuta riuscire a fare la democrazia.»

La Caduta

Apologia del Capobastone

Il Capobastone, ad oggi conosciuto come uno degli youtuber tra i più volgari, un provocatore autocratico e dispotico, è stato, sino a poco tempo fa, anche uno dei più originali pionieri di YouTube Italia. [...] Lo storytelling è uno dei punti forti di Capobastone, ed è in Minecraft dove perfeziona il suo avatar e, forse, la sua personalità: ha un suo spazio privato il “Mondo 5”, una sua casa e addirittura un suo maggiordomo asiatico, Ping Pong. Capobastone, ormai anche fisionomicamente identificabile (personaggio con passamontagna, maglia nera e bretelle in ogni gioco visto sul canale), non è più un alter ego, ma un personaggio indipendente in grado di abitare e devastare la struttura e le trame degli universi videoludici. Il carattere che però riesce a far trascendere e straniare le, per nulla lodevoli, caratteristiche del personaggio è la sua voce: il Capobastone parla solo attraverso Loquendo, una voce sintetizzata che legge un testo scritto a pc. Questa tecnica di realizzazione ha un legame indissolubile col format del suo canale: video non troppo lunghi (intorno i 7/9 minuti), una comicità naturale data dallo stridore nella pronuncia di espressioni in dialetto o parole anglofone e l’autorità che si dava il personaggio; il tutto, come è possibile immaginare, dona un’aura misteriosa e ribelle allo stesso.

Sembra assurdo (o forse banale), ma cosa c’è di più interessante di una persona che sfida le logiche esibizionistiche della vetrina-YouTube cercando di mantenere, a tutti icosti, l’anonimato? Un’assurdità che diventa ancor più irrinunciabile dopo aver superato i 200.000 iscritti al canale, non mostrandosi mai e non facendo mai ascoltare la sua vera voce. 

Malamente

“Malamente” è una rivista prodotta e finanziata in completa autogestione, non dipende da nessuna organizzazione e non ha carattere commerciale. Nasce per ospitare spunti di approfondimento e riflessione collettivi fuori dal coro servile dell’informazione, per una condivisione dei saperi e delle pratiche di critica sociale, per aprire prospettive concrete di liberazione. È un cantiere aperto di sperimentazione culturale e politica sul territorio delle Marche, ma non rispetta nessuna frontiera.
“Malamente” non intende ribadire una descrizione ideologica della realtà ma, al contrario, partire dal basso, dalle lotte sociali presenti sul territorio per individuarne le connessioni e trarne gli opportuni stimoli. Una prospettiva rivoluzionaria non può vivere nell’isolamento di una minoranza ma deve provare a leggere la realtà con un senso comune maggioritario e plurale. Per questo “Malamente” vuole promuovere fin dalla scelta del linguaggio, della grafica e delle relazioni che può costruire, una lettura delle possibilità di trasformazione a partire dalla quotidianità, mantenendo fermo uno sguardo libertario sull’esistente.

Cosa faremo con i soldi?

I soldi verrano utilizzati unicamente per il rimborso spese degli ospiti che verranno da fuori, ovvero:
Roberto Gerace per Il primo amore
Vanni Santoni per The FLR
Francesco D'Isa per L'indiscreto
Matteo Grilli per Not
Lorenzo Cardilli e Alessandro Mantovani per La Balena Bianca
Nicolas Martino per OperaViva Magazine
Filippo Grendene di Figure Rivista

Commenti (6)

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  • avatar
    barbara Ciao! Non ho capito se questa edizione è legata in qualche modo alle precedenti o se ne ha preso solo nome e idea.
    • VC
      Nie Wiem È legata nello spirito e nella formula. Diverse riviste sono le stesse delle precedenti edizioni, purtroppo altre sono scomparse, comprese le due che crearono il Birra. Per ulteriori info scrivici a argo@argonline.it
      5 anni, 7 mesi fa
  • avatar
    Luca un festival necessario
    • GC
      Giacomo  Aderisco a questo evento interessante
      • avatar
        Valerio A tutta B.I.R.R.A.!!!