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Acque guerriere

Una campagna di
Elisa Cozzarini

Contatti

Una campagna di
Elisa Cozzarini

Acque guerriere

Acque guerriere

Campagna terminata
  • Raccolti € 3.525,00
  • Sostenitori 67
  • Scadenza Terminato
  • Modalità Raccogli tutto  
  • Categoria Libri & editoria

Una campagna di 
Elisa Cozzarini

Contatti

Il Progetto

IL PROGETTO: RACCONTARE L'ULTIMO ASSALTO AI TORRENTI MONTANI

Raccontare l'assalto agli ultimi torrenti di montagna ancora integri sulle Alpi: è questo l'obiettivo del progetto "Acque guerriere", un libro inchiesta e insieme un reportage narrativo che, oltre ai numeri, farà immergere il lettore nella storia e le storie delle vallate, le leggende, le ricchezze naturali e paesaggistiche. Un viaggio emozionale per riportarci vicino all'acqua e, insieme, un'indagine per capire chi ci guadagna davvero dal "piccolo" idroelettrico.

Sulle Alpi, una percentuale irrisoria di corsi d'acqua conserva elevate condizioni di naturalità. La maggior parte è già stata sfruttata per la produzione di energia. Oggi si sale sempre più ad alta quota, per realizzare centrali la cui convenienza è data dagli incentivi per le energie rinnovabili, pagati in bolletta dalla collettività, e non dalla produzione di energia che garantirebbero una volta costruite. Il Comitato Acqua Bene Comune del Bellunese ha calcolato che, se venissero realizzati gli oltre duemila impianti per cui esiste domanda in Italia, si coprirebbe qualche millesimo del fabbisogno energetico nazionale.

Si tratta di piccoli impianti che, però, realizzati in ambienti fragili come le valli di montagna, hanno l'impatto di una grande opera, soprattutto se visti nel loro insieme. La sete di incentivi economici parte dalla Valle d'Aosta, dall'Alpe di Cortlys, dove si vuole prelevare l’acqua a 2000 metri sul livello del mare, sotto il ghiacciaio del Monte Rosa. E arriva fino alle selvagge Valli del Natisone, in Friuli Venezia Giulia, con un progetto sul torrente Alberone che al momento è stato archiviato.

Nella Val Mastallone, in Piemonte, in soli due anni, dopo l’abolizione di specifiche norme ambientali, sono stati presentati diciannove progetti. Se realizzati, l’intero reticolo torrentizio scomparirebbe. In Lombardia, il Comitato Centraline Valle Camonica sottolinea come, nelle sue 95 valli e centinaia di torrentelli, sono già in attività oltre 100 centrali, tra grandi e piccole. Qui il torrente Clegna è l'unico ancora integro e scorre in un territorio unico, a Capo di Ponte. È il paese con la più importante concentrazione delle incisioni rupestri che hanno valso alla Valle Camonica il riconoscimento di primo sito Unesco in Italia. Anche sul Clegna pesa la domanda per il rilascio di una concessione idroelettrica, osteggiata dal Comune e dalla popolazione, che la considerano un affronto.

Ci sono moltissime storie come queste da raccontare, e tanti comitati, gruppi, associazioni a cui dare voce. 

Il budget comprende i costi di viaggio, l'acquisto e l'invio dei libri (una volta pubblicati), nel 2018.

Nella foto qui sotto si vede come un torrente diventa una distesa di sassi, dopo la costruzione di una piccola centrale e la derivazione delle sue acque:

Come prova, per far capire come sarà costruito il libro, ho scelto di raccontare la vicenda del torrente Talagona, in Veneto. Il testo qui di seguito "Le gocce d'oro della Val Talagona" verrà ampliato e farà parte del libro.

CHI SONO E PERCHÉ PROPRIO IO

Sono giornalista e scrittrice, mi occupo di ambiente da oltre dieci anni e nel 2011, l'anno del Referendum sull'acqua pubblica, ho iniziato a occuparmi di fiumi, perché la nostra acqua non è solo quella che esce dai rubinetti di casa, ma anche quella che attraversa e arricchisce, rende sani i nostri territori.

Nel 2013 ho realizzato il documentario "La Piave. Racconto di un fiume" e l'anno scorso è uscito il mio ultimo libro, "Acqua guerriera. Vite controcorrente sul Piave", Ediciclo editore, dove ho tracciato il ritratto dei nuovi "guerrieri" del fiume Sacro alla Patria, il fiume guerriero per eccellenza, che combattono perché l'ambiente e l'acqua siano rispettati.

È per questo che il mio viaggio-inchiesta è iniziato nel bacino montano del Piave, per raccontare uno dei pochi sui affluenti ancora liberi, il torrente Talagona.

Le gocce d'oro della Val Talagona

di Elisa Cozzarini

Acque di cristallo sgorgano dalla terra nera, mista a muschio. Danno vita al torrente Talagona, sotto il profilo frastagliato degli Spalti di Toro, nelle Dolomiti Bellunesi. Il fiume si avvicina al sentiero che sale al Rifugio Padova, si allontana, lo attraversa, prende forma e potenza. Si mostra nella sua maestosità, prima di tuffarsi, impetuoso, in una gola profonda e scomparire nel verde del bosco, cullato dal vento. Di lui resta un suono nell'aria, tra le foglie, fino a quando, all'improvviso, torna allo scoperto. Sbatte con violenza sulle rocce, riempie la vallata con il suo rumore, si infila in ogni anfratto, entra in una grotta, avvolge la statua della Madonna circondata di fiori e suppliche. Poco più giù, l'acqua inizia a rallentare e si prepara a confondersi con il Piave, fiume sacro alla Patria, il più maltrattato dalla Patria: artificializzato, intubato, inquinato, rubato per la quasi totalità del suo bacino, uno dei più sfruttati d'Europa. La Piave, al femminile, come dicono con affetto i suoi figli in Veneto. Qui il fiume diventa lago, quello di Centro Cadore, nato dopo la costruzione della diga alla fine degli anni Quaranta.

Il Talagona è uno degli ultimi torrenti ancora integri nelle Alpi, un gioiello della natura, scampato ancora per poco alle derivazioni idroelettriche. A difenderlo sono poche persone, eroi contemporanei che si mettono di traverso, pur di non lasciare che tutta la bellezza ci venga portata via. Una percentuale irrisoria dei nostri corsi d'acqua conserva elevate condizioni di naturalità. Circa il 95% è già stato artificializzato, sfruttato a fini irrigui e per la produzione di energia idroelettrica, con la costruzione di dighe e centrali. Ora è in corso l'ultimo assalto ai tratti alpini dei fiumi. Si sale sempre più ad alta quota, per realizzare impianti la cui convenienza è data solo dagli incentivi per le energie rinnovabili, pagati in bolletta dalla collettività, e non giustificabili con la produzione di energia che garantiscono una volta costruite. Il Comitato Acqua Bene Comune del Bellunese ha calcolato che, se a livello nazionale venissero realizzati gli oltre 2000 impianti idroelettrici per cui esiste domanda sulle Alpi, si coprirebbe qualche millesimo del fabbisogno energetico italiano.

Giovanna Deppi vive a Domegge da sempre. La sua famiglia viene dalla frazione più in alto del paese, Deppo, un balcone sulle guglie degli Spalti di Toro. La valle gemella, oltre queste montagne e oltre il confine tra Veneto e Friuli, è la Cimoliana, con il campanile di Val Montanaia e il suo disegno stupefacente, che non cessa di sorprendere anche dopo decine di escursioni. Nel 1910 Antonio Berti, alpinista e scrittore, nel suo "Le Dolomiti della Val Talagona", scrive: «Questo fantastico complesso di campanili, di torri e di guglie, belle tra le più belle Dolomiti nella varietà delle loro forme, nell'arditezza della loro architettura, rimase avvolto nel più complesso mistero fino a che - domati i colossi - l'alpinismo dolomitico si volse alle cime meno alte, ma più belle, più variate e più ardue».

C'è sempre stato un legame forte tra il Cadore e il Friuli, mi spiega Giovanna. Un tempo i passi montani erano vie di comunicazione per boscaioli, contrabbandieri, pastori, carbonai. Oggi, a causa del surriscaldamento globale e la mancanza di neve, le rocce si sbriciolano e il percorso che univa la Val Talagona e la Cimoliana è diventato più difficile, per camminatori esperti. È il 20 marzo 2017. Lo stesso giorno, nel 1922, nasceva la mamma di Giovanna, Wanda. Ci fermiamo a salutarla al cimitero, dove riposa all'ombra di una lapide in pietra, con incisi gli Spalti di Toro. «A mia madre dedico il ricorso in Cassazione per il Rio Talagona», sussurra Giovanna. «Quando la portavo su in baita, dove andiamo adesso, lei che aveva lavorato a testa bassa per tutta la vita, diventava felice come una bambina. In suo nome farò ciò che posso per difendere la nostra ultima valle».

Non distante da dove il Talagona incontra l'invaso artificiale del lago di Centro Cadore, una volta, quando il Piave scorreva libero, c'era un cìdolo, cioè uno sbarramento che tratteneva il legname tagliato nei boschi cadorini, prima di lasciarlo fluitare verso Perarolo e da lì a Venezia, lungo il fiume, l'autostrada di un tempo. A Lagole, poco lontano, gli scavi archeologici hanno riportato alla luce i resti di un importante insediamento a carattere religioso paleoveneto e poi romano, mentre da tempo indefinito le sue fonti benefiche sono abitate dalle anguane protettrici delle acque, splendide donne sirena o esseri spaventosi con i piedi di capra, creature mitologiche presenti nei racconti popolari di tutto il Nordest, lavandaie o tessitrici, il cui culto pagano è sopravvissuto all'ufficialità della Chiesa.

Attraversiamo il ponte sul lago. «Qui c'è un campeggio che anni fa andava di moda per turisti stranieri, oggi è semivuoto», dice Giovanna. In molte sue parti, il paese di Domegge, un tempo fiorente, comunica decadenza. L'intonaco dei vecchi edifici si sgretola, l'asfalto si buca. «La crisi del distretto dell'occhiale ha messo in ginocchio il Cadore», continua Giovanna, «non siamo stati in grado di guardare oltre l'abbaglio della globalizzazione. Gli anni del boom dell'export hanno arricchito molti, sono stati entusiasmanti. Ma a lungo andare quella trasformazione si è rivelata fatale e ha lasciato il deserto dietro di sé». Dolce e decisa, Giovanna alza la testa: «Ma non per questo dobbiamo buttare via anche le tante ricchezze che ci rimangono, come il torrente Talagona, arteria pulsante della vallata».

In cambio di 100mila euro all'anno per vent'anni, invece, il Comune di Domegge ha stipulato una convenzione con una società privata che, a ottobre 2013, ha ottenuto dalla Regione Veneto la concessione a derivare il torrente a uso idroelettrico. L'80% dell'acqua verrà inghiottito da tubazioni interrate, portando via il fiume per quasi tre chilometri, cioè per quasi tutta la sua lunghezza. Una piccola centrale, in un ambiente fragile e integro come questo, avrà l'impatto di una grande opera.

Oltre il lago, inizia la ripida salita nel bosco. Tornante dopo tornante, la strada si allontana dall'acqua: il Talagona è un mormorio impercettibile, coperto dal canto vivo degli uccelli a primavera. Scorre incastrato in una gola profonda, solo i pescatori conoscono la via per raggiungerlo senza franare giù. Questa strada si potrebbe percorrere anche in auto, ma a piedi è diverso. Senti crescere i decibel del fiume, la sua forza magnetica ti guida in salita, alleggerisce lo zaino, ti porta fino a un balcone da cui, per la prima volta, ti affacci e vedi il torrente.

Anche la vista sui monti, a un certo punto, si apre. «La valle è chiusa, tutta ammantata dal fitto bosco di abeti, profondamente romantica nella sua solitudine», scrive il Berti. «Oltrepassata una svolta, a un'ora, un'ora e mezza dal ponte Talagona, d'improvviso appare, superbamente ardito, il ramo di Vedorcia degli Spalti di Toro». Giovanna ha con sé il libricino bordeaux "Le Dolomiti della Val Talagona". Ne legge alcuni passaggi, lo accarezza con amore. È proprio qui, dove il torrente scorre vicino al sentiero, mentre è sul punto di incunearsi tra le rocce, che si prevede di intubare l'acqua e portarla via.

Il Tribunale Superiore delle Acque ha respinto il ricorso del WWF e del Comitato Acqua Bene Comune, non riscontrando incompatibilità tra l'iter per la costruzione dell'impianto e la normativa. Eppure la Direttiva europea 60 del 2000 impone di non realizzare opere che peggiorino la qualità dei corsi d'acqua. E la valle è stata individuata dalla Regione Veneto come zona di protezione speciale per il suo habitat e la ricchezza delle acque. Per questo Giovanna non vuole fermarsi al giudizio del Tribunale Superiore delle Acque e decide, con il sostegno di altri che come lei sono convinti che questo ambiente vada preservato, di continuare la battaglia in Cassazione.

Attraversiamo il ponte in località Antarìgole, lì dove, dice il nome, l'acqua rimescola le ghiaie. Dal Talagona sale il respiro freddo della corrente. Ti ipnotizza. In altri tempi, in questo periodo dell'anno, la neve sarebbe stata una barriera invalicabile, adesso si passa senza difficoltà affondando gli scarponi in molli chiazze bianche. Un fontanone dai mille rivoli incrocia il sentiero scuro. La terra tinge l'acqua di nero, ma lei resta pura e si può bere. Un tasso comune, albero dagli aghi verde brillante e la corteccia sbriciolata, è qui da trecento anni, a fare da sentinella. Ancora poche curve, qualche passaggio a strapiombo sulle rocce e si arriva alla piccola radura mezza innevata con la baita di Giovanna. Sulla porta c'è un mazzetto di fiori, ricordo di una stagione fa. Tutto è curato nei minimi dettagli.

Seguendo ancora il sentiero si arriverebbe al Rifugio Padova, dove dopo la Seconda guerra mondiale si cominciò a produrre il mugòlio, essenza pregiata di pino mugo usata nell'industria farmaceutica nazionale. Ma a un certo punto, consapevoli che, continuando a sradicare gli arbusti, si sarebbe compromessa la stabilità dei versanti, l'attività si fermò. Prevalse il rispetto per l'ambiente, allora. «Saremo giudicati per ciò che avremo lasciato, per gli ideali che avremo saputo tramandare», conclude Giovanna. «Costruire una centralina sul Talagona vuol dire violare e manipolare una valle arrivata a noi intatta, dall'altissimo valore naturale, un ricco, articolato mosaico di forme rare, di biodiversità e antichi retaggi. Un simbolo: la sola certezza in mano ai cadorini è il nostro ambiente naturale e questa, che mi piace definire "l'ultima valle", ne è un simbolo. Da qui possiamo rinascere, o distruggerla e distruggerci».

Giovanna richiude la porta della piccola baita. Torniamo giù, verso Domegge, mentre anche la luce cala e, obliqua, dipinge di rosa gli Spalti di Toro. Fa brillare il torrente con una miriade di riflessi dorati. «C'era una volta un ragazzo», racconta Giovanna, «che aveva sentito parlare delle gocce d'oro della Val Talagona. Alcuni cacciatori avevano tentato di rubarle ed erano stati ammazzati dai cervi che si abbeveravano alla sorgente. Ma il ragazzo non aveva paura, ci pensava giorno e notte, voleva appropriarsi lui di quella ricchezza, per costruirsi un castello e riempirsi di cose preziose. Così una notte partì e risalì la valle fino alle sorgenti. Arrivò all'alba, nel momento in cui il sole trasformava le gocce in oro. Si lasciò incantare dalla natura meravigliosa che si risvegliava, dai suoi animali, dal passaggio dei caprioli e dei cervi. Si sentì talmente ammaliato, che decise che quelle gocce dovevano rimanere là e che lui, il tesoro della Val Talagona, lo aveva trovato ed era lo splendore della natura».

Lo stesso tesoro che difende Giovanna, costi quel che costi.

Commenti (20)

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  • BG
    Benedetta <3
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      Elisa grazie mille Benedetta!
      6 anni, 7 mesi fa
  • lb
    loretta Cara Elisa tutto è molto interessante e istruttivo, spero che il progetto possa avere soddisfazione. Io sono con Te, salvare un fiume, un torrente, un albero, l'acqua è sinonimo di salvare il mondo e quindi la vita ....noi! incrociamo le dita Loretta
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      Giorgio buon lavoro!
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        Elisa Grazie!
        6 anni, 7 mesi fa
    • GF
      GIANNINA sostegno per buona causa
      • avatar
        Elisa grazie mille
        6 anni, 7 mesi fa
    • GF
      GIANNINA Sostegno per buona causa
      • avatar
        Filippo NON CREDO CHE, MALGRADO LA BUONA VOLONTA' DI POCHI, IN MOLTI CAMBIERANNO LA LORO PESSIMA CONDOTTA AMBIENTALE, TUTTAVIA CONTRIBUISCO VOLENTIERI
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          Elisa facciamo la nostra parte, ci proviamo! Grazie
          6 anni, 7 mesi fa
      • avatar
        Davide Buona scrittura!
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          Elisa Grazie Davide!!
          6 anni, 7 mesi fa
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        Nadia in bocca al lupo Elisa! un grande abbraccio di coraggio e forza da nadia breda, con viva stima
        • avatar
          Elisa Grazie di cuore Nadia
          6 anni, 7 mesi fa
      • FP
        Salviamo il Paesaggio VALDOSSOLA Vasche non incassabili, le acque libere sono beni comuni a sovranità del Popolo italiano
        • avatar
          Flavio Attendo con molto interesse e piacere il libro.

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