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VoxPublica.it, il “Giornalismo dei Lettori”

Silvio Aparo, Direttore Responsabile

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Il Progetto

Cari Amiche, Amici, Attivisti, Attiviste e LiberiCittadini,

Il giornalismo tradizionale è davanti ad un bivio: continuare ad affermare la propria autorevolezza chiuso tra le pareti di una redazione, oppure provare un’alleanza con i Lettori per un’informazione fatta da professionisti ma anche da semplici cittadini autori?

È proprio questo il punto di contatto che può rendere la nostra idea un’arma vincente.

 «La stessa ragione che mi ha spinto, dopo aver rassegnato le dimissioni, nel mese di dicembre 2017 da Direttore Responsabile di un quotidiano tradizionale -, a prendere la decisione di fondare insieme ad altri amici giornalisti un nuovo giornale, indipendente, fedele ai lettori e senza più Editori/Padroni a controllare, orientare e censurare l’informazione».

VoxPublica.it, questo il nome del quotidiano che abbiamo fondato, online dal 26 febbraio 2018, si occupa di inchieste, approfondimenti e ha scelto la libertà, la legalità, l’imparzialità, il contropotere ed i lettori per portare avanti la sua missione.

VoxPublica è un giornale davvero innovativo. Basta entrare in home, guardare il menu per rendersi conto della rivoluzione social che porta con sé.

La voce VERDE è dedicata ai PRODUTTORI di contenuti. In VOXLAB, infatti, il lettore può inviarci FOTO o VIDEO, il suo PORTFOLIO FOTOGRAFICO, o il REPORTAGE di viaggo o infine scrivere alla CASA EDITRICE per la pubblicazione dei suoi lavori letterari.

La voce BLU del menu principale è dedicata ai FRUITORI di contenuti. In VOXCLUB il lettore può entrare in LIBRERIA, può acquistare prodotti di eccellenze regionali dallo STORE o, infine, conoscere i nostri PARTNER commerciali.

Tutto è stato pensato per i lettori. 

Con la vostra DONAZIONE, non ci renderete solo liberi di scrivere quello che altri non osano scrivere, ma potrete voi stessi partecipare alla costruzione VERITÀ senza censure. Come ricompensa per il sostegno diverrete soci del Giornale e potrete: 

- Ricevere la Newsletter ogni giorno

- Commentare gli articoli aperti

- Scrivere nel blog dei lettori, da cui ogni giorno ne sceglieremo alcuni da portare in homepage

- Scaricare e leggere i nostri ebook dalla libreria

- Ricevere vantaggiose proposte commerciali dai nostri Partner

Non abbiamo padroni, né politici di riferimento, tantomeno interessi economici di improbabili Consigli d’Amministrazione da tutelare; solo i lettori possono comprarci!

Attraverso la VOSTRA DONAZIONE potrete partecipare al cambiamento, alla costruzione delle notizie e alla formazione di una coscienza critica comune.

Unire il pregio del giornalismo dei cittadini, cioè la presenza dei lettori che producono notizie in tutto il Paese, con quello di un media professionale cioè il riconoscere la veridicità delle notizie e il saperle descrivere in maniera efficace permetterà la creazione di un’informazione completa ed imparziale, una sorta di “giornalismo perfetto”.

RingraziandoVi fin d’ora per l’attenzione, la fiducia ed il PASSAPAROLA (basta dirlo a 10 amici che lo dicono ad altri 10 amici e così via...) che saprete INNESCARE, continuo stimolando la vostra perspicacia con un pensiero di Ugo Vallauri:

 « ... il giornalista non esce “distrutto” da questo modello di lavoro, soltanto rinnovato. Il suo ruolo rimane centrale nel saper mettere insieme i diversi aspetti, fare le adeguate verifiche, scrivere in modo chiaro, accattivante i propri articoli, ponderare i punti di vista. Ciò che cambia radicalmente è il riconoscere le rinnovate dimensioni dell’arena in cui il processo si compie, e adattarvisi. (...) il cambio di “paradigma” richiesto è piuttosto l’apertura alla possibilità di un’interazione vera, influente tra chi scrive e chi abitualmente legge ».

Se siete arrivati fin qui, allora sono ormai certo sarete dei nostri, ma voglio raccontarvi una storia, intima, più personale, che potrà farvi comprendere bene le ragioni per le quali ho deciso di cominciare questa avventura... senza più PADRONI di alcun tipo se non i Lettori...

In questo articolo, riportato tra le pagine di un giornale online, c'è una chiara visione di quello che considero il paradigma dello stato di salute dei giornali italiani e, in casi estremi, delle "vittime da giornalismo", ovvero di quei colleghi più sfortunati che per ragioni complesse e delicate si sono sentiti traditi nei loro ideali, finendo per essere travolti della loro stessa passione di scrivere. 

È il caso di un giovane corrispondente di un piccolo centro del siracusano, che la notte del 4 febbraio del 2014, decide di farla finita sparandosi un colpo di pistola in testa e finire nel buio della “Storia”.

Giorgio Italia, 39 anni, originario di Buscemi, era un tipo “tosto”. Uno posseduto dal sacro fuoco del giornalismo. Uno spirito libero, indipendente, curioso e molto orgoglioso. Tutte qualità richieste ed apprezzate nel mondo della carta stampata.

Siracusa, 5 febbraio 2014 

Nessuno dei colleghi di Giorgio Italia avrebbe mai potuto pensare che si portava dietro quelle emozioni parassite che lo hanno indotto a spararsi un colpo di pistola nella grande casa di Buscemi. 

Si era allontanato dalla sua compagna che viveva con lui e dalla bambina di 5 anni che amava tantissimo, tanto da non far comprendere come abbia potuto decidere di lasciarla per sempre e non vederla crescere. 

Non era un tipo debole, almeno, ostentava sempre grande sicurezza in tutto quello che faceva, specialmente nel giornalismo che sembrava essere per lui un piccolo grande mondo. E se gli spiegavi che la carta stampata era ormai in declino, perciò destinata all’estinzione a favore del Web ammetteva che ciò era un fatto che sarebbe arrivato più in là nel tempo. Per lui quel giornale vendeva milioni di copie, solamente a Siracusa e forse miliardi in Sicilia. Ed era irremovibile in questa sua adorazione della testata dov’era nato e cresciuto. 

Poi per i soliti non nobili motivi che nascono negli ambienti di lavoro, Giorgio si trovò senza spazio e costretto a lasciare quel mondo che adorava perché gli permetteva di pubblicare semplici notizie che per lui erano scoop sol perché le aveva pubblicate su quello che per lui era diventato un feticcio di carta, crollato l’estate dello scorso anno. 

Non voleva più incontrare nessuno per non dovere spiegare che non era più nell’unico giornale del mondo. Tentava qualche approccio televisivo in emittenti locali, ma, Giorgio non era  il classico “biondino” che un direttore di testata immette facilmente in redazione. Aveva il suo ingombro anche perché era uno che cercava lavoro, in un luogo dove il giornalismo nella maggioranza dei casi non è un lavoro, ma al massimo una sala d’aspetto per fare l’addetto stampa da qualche parte. 

La depressione cominciava ad accompagnarlo: prima dieci minuti, poi un’ora e infine era diventata la sua vera convivente. Da diversi anni aveva preso il porto d’armi. “Uno che scrive di cronaca – mi diceva -  può avere qualche problema a viaggiare di notte o ad abitare in un posto isolato e una pistola può dare sicurezza”.  

Riconoscendomi una qualche competenza mi aveva chiesto quale tipo di arma comprare. “Una piccola, magari un revolver piccolo ed efficiente”. Era uno che chiedeva il parere ad altri, ma di solito poi faceva di testa sua: comprò una grossa Beretta semiautomatica, calibro 9, simile a quella delle forze dell’ordine, che è una fatica “ indossare”. 

Cominciava a frequentare il poligono di tiro e ad acquisire padronanza nell’uso delle armi in genere. Negli ultimi mesi si trovava spesso a chiedersi a cosa vale una pistola se non sei in piena attività giornalistica, se non hai un lavoro certo, se giorno dopo giorno svaniscono opportunità e speranze di poter rientrare nel circolo della professione. 

I problemi aumentavano prendendo a braccetto la depressione, la voglia di farla finita, una miscela esplosiva veramente, se accumunata alla mancanza della fede. 

Ecco come quella pallottola calibro 9 è apparsa per un attimo la soluzione che metteva fine a tutto. 

Un istante, giusto il tempo di premere il grilletto. Non ha confidato a nessuno i suoi travagli, era un tipo tosto per farlo, era uno con la pistola. Se non avesse avuto quell’arma chissà come avrebbe scelto di farla finita con il mondo intero, che non sospettava neanche della sua vita divenuta troppo tumultuosa. 

Ciao Giorgio, ancora una volta hai fatto di testa tua, hai deciso di andare in cronaca scrivendo con una pistola il tuo ultimo articolo. 

L'articolo è toccante, ed eloquente... Giorgio Italia è uno dei tantissimi giornalisti precari, che hanno solcato i corridoi e le scrivanie delle redazioni per anni, che hanno dato anima e cuore e che non sono mai stati regolarizzati con contratti da lavoro giornalistico. Un precario cronico, sempre sull'orlo dell'insicurezza e della fragilità, sottopagato, si parla oggi di appena 3.50 euro a pezzo, sfruttato ma soprattutto tradito.

Uno di quelli che ha contribuito a fare ingrassare le tasche degli editori “vampiri”, per poi finire così.

Un abbandono aggravato anche dal fatto che era stato vittima nel 2010 di gravi atti intimidatori, con la rottura di notte del parabrezza dell'auto e del recapito, la settimana prima, nella buca delle lettere della sua abitazione, di un messaggio anonimo contenente minacce strettamente e direttamente collegate alla sua attività. Entrambi gli episodi furono denunciati ai carabinieri. 

Onestamente non sappiamo quanti sono i giornalisti che si sono tolti la vita per le frustrazioni, le delusioni, le umiliazioni e le amarezze del loro lavoro. Ma sappiamo quanti si sono arresi prima di arrivare a farsi del male. Sappiamo di quanti, uomini e donne, si sono arresi davanti ai tradimenti, alla feroce competizione, alle bassezze indicibili per uno spazio in pagina.

Tutti ugualmente vittime, soccombenti: “vittime da giornalismo”.

Giorgio è la punta di un iceberg, un malessere diffuso indotto da un sistema sottilmente perverso. È l’amico più fragile della compagnia, per alcuni aspetti, quello che non ha retto alle pressioni e alle umiliazioni, quello che in un momento di profonda prostrazione non solo ha gettato uno sguardo nel “pozzo della verità” di Sciascia, ma vi è perfino precipitato, e nonostante vi fosse caduto, trovandovi la luna ed il sole collusi in un unico paludoso ammasso di consapevolezza insopportabile e definitiva, non ha potuto fare a meno di rendersi conto che non vi era più alcuna differenza tra i “buoni” che avrebbero dovuto difenderlo, proteggerlo, promuoverlo e i “cattivi” che, invece, lo avrebbero semplicemente voluto morto.

Questo giovane, appassionato e sfortunato cronista di provincia, è uno di quei pensieri che ci accompagnano spesso, e che quando riaffiorano prepotenti in cerca di risposte, trovano solamente il nulla ad attenderli.

Speriamo sempre in cuor nostro che prima o poi Giorgio Italia possa ricevere le attenzioni ed i riconoscimenti che avrebbe meritato, guadagnati sul campo della verità, della giustizia e del Giornalismo.

*****

«Sono spesso corrispondenti, vivono in piccoli centri nei quali rappresentano l’unica voce informativa. Le ostilità sono all’ordine del giorno: gli sguardi maligni, le mezze parole, gli incontri per strada. Il termine “infame”, quello con il quale vengono apostrofati questi giornalisti, dice chiaramente della schizofrenia ambientale cui sono costretti: abitano quel territorio, ne sono parte integrante per cultura e abitudini, eppure sono considerati, per il lavoro che fanno, un corpo estraneo, qualcosa da espellere, un cancro». Così il giornalista Roberto Rossi descrive la condizione di tanti giovani cronisti calabresi, in un libro scritto con la collega Roberta Mani dal titolo Avamposto, nella Calabria dei giornalisti infami.

Audito dalla Commissione Antimafia il giornalista di la Repubblica, Roberto Bellavia, invece, racconta: «Ho avuto la fortuna di lavorare in una grande città come Palermo, che consente un certo tipo di anonimato. Cosa diversa è per chi lavora in un piccolo centro. In un posto piccolo il “boss” lo incontri al bar. Lui sa quanti cannoli comprerai per andare a pranzo dalla suocera, dove vanno a scuola i tuoi figli, che percorso fanno, chi frequentano…».

*****

A Giorgio Italia, dopo le minacce e le intimidazioni, giunsero la solidarietà sia della segreteria provinciale dell'Assostampa che in una nota scrisse, "confidando nel lavoro che le forze dell'ordine stanno svolgendo per individuare gli autori degli inquietanti atti intimidatori e richiamando tutti sulla necessità di mettere in campo ogni azione utile per consentire ai giornalisti ovunque, sia nelle grandi città che nei piccoli centri, di svolgere il loro lavoro con la serenità necessaria e nella più completa sicurezza"; sia del Comitato di redazione del giornale tanto amato per cui aveva collaborato, che scriveva: "vicino al collega Giorgio Italia e condanna il gesto intimidatorio di cui è stato vittima. Che si tratti di un fatto legato alla sua attività - si  legge nella nota del Cdr - è confermato anche dall'avvertimento ricevuto appena venerdì mattina con un biglietto di minacce. Il Cdr, esprimendo la propria incondizionata solidarietà, - conclude -  ricorda che i colleghi pubblicisti che lavorano in prima linea sono spesso esposti alle intimidazioni e alle minacce. Il Cdr  ribadisce che questi colleghi non sono soli e che atti vili come quelli che si sono verificati a Buscemi non fermeranno il lavoro di corretta e puntuale informazione della categoria, che rappresenta un baluardo della democrazia nel nostro Paese".

Parole importanti. Parole che hanno un peso specifico notevole. Parole, a cui forse non sono seguite le giuste azioni pratiche da parte della proprietà, necessarie a mettere definitivamente in salvo la dignità e la vita di un giornalista serio e brillante; al sicuro da quel senso di inutilità che ti ammazza giorno dopo giorno e che ti fa pensare di essere stato anche un po' coglione ad aver denunciato cose scomode e ad aver rischiato tanto per nulla... un nulla che improvvisamente diventa vuoto e che ti può portare all'isolamento fino alla scelta estrema di un gesto disperato.

Come ebbe a dire Giovanni Falcone ci sono molti modi per essere uccisi dalla mafia: “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.”

In questa categoria di persone cadute per mano di una certa cultura spregiudicata, così come i servitori dello Stato, possiamo inserire, utilizzando le parole dello stesso Falcone anche quei giornalisti che “gli editori non sono riusciti a proteggere con la dignità del lavoro.”

Ecco la ragione per cui scegliamo di essere fedeli ai lettori e non agli editori, per non farci restare esposti alla mercè dei venditori di coscenze, vulnerabili, fragili e vittime dei mistificatori del potere.

Ecco perchè facciamo a meno di coloro che col potere scendono a patti e fanno affari. 

Caro Lettore, ti chiediamo di Sostenere il nostro modo di fare informazione, fianco a fianco. 

Noi scegliamo, la legalità, l’imparzialità, il contropotere ma soprattutto scegliamo Te come nostro “Padrone” per darci quella dignità necessaria a parlare con chiarezza e quella libertà utile alla ricerca della verità.

GRAZIE

SIlvio Aparo, Direttore di VoxPublica.it

Il Giornalismo dei Lettori

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