Il Progetto
Strade di terra: controcultura e controcoltura nella 'Bassa'.
Obiettivo ultimo la realizzazione di un libro-documentario, che maturi attraverso un progetto più ampio.
Oggetto della ricerca la realtà agricola di un'area in continuo, profondo mutamento: quell'ambiente di pianura che si conferma un territorio dai pronunciati caratteri schizofrenici, da sempre ambito spazio di lavoro e promotore di 'sviluppo', quello stesso sviluppo che ha generato economie spesso scellerate, fedeli soltanto alle leggi universali del guadagno facile.
L'identità violata, quella di un territorio fittamente industrializzato, cementificato, standardizzato. La stessa attività agricola riformata e plasmata dal comparto industriale. Il regno dell'agricoltura 'convenzionale', industriale, chimica, 'robotizzata', ad alta resa. Allevamenti intensivi e monocolture obbligate. Un sistema che in molti hanno tentato e tentano di rivalutare, rivedere, reinventare, nell'ottica di ridurre impatto ambientale e costi di produzione, alla ricerca di un modello che possa funzionare anche e soprattutto per le generazioni future. Da qui i primi segnali di cambiamento, dal pensiero e dall'opera di qualche pioniere che tenta di reinterpretare i processi e i fenomeni che regolano la produzione, partendo dall'unica insostituibile ricchezza di cui davvero dispone l'agricoltore: la terra. Il mondo dell'agricoltura 'conservativa', le pratiche di minima e non lavorazione, cover crops e colture 'a perdere', in una rinnovata e più rispettosa cultura del suolo, che torna ad essere considerato a pieno titolo un ecosistema mutevole e complesso caratterizzato da strette relazioni a livello fisico, chimico e microbiologico. Questa una prima rivoluzione, quella che potremmo definire degli 'insider' (all'interno della quale, lavorando in maniera più pulito ed etica, si sono fra il resto ritagliati ampi spazi anche i variegati business del Bio e del fenomeno agriturismo).
Un'altra, più radicale, rivoluzione verde sta invece prendendo forma negli ultimissimi anni. Le prese di posizione, soprattutto ideologiche, nettamente 'fuori dal coro': sono i temi sociali (oltre ovviamente a quelli ambientali) ad acquistare maggiore rilevanza. In particolar modo è il lavoro ad acquistare inediti significati, inteso come occasione di arricchimento personale e condivisione di conoscenze più che dovere insindacabile ed esclusiva fonte di reddito. Diverse formule (come quella del wwoofing, tanto per citarne una fra le più conosciute) propongono uno 'scambio alla pari', offrendo vitto e alloggio in cambio di qualche ora di lavoro volontario. Ancora si assiste alla nascita di vere e proprie comunità indipendenti che inseguono il sogno dell'autosuffienza energetica (ed in primis dunque alimentare), a realtà che ispirano ai principi della permacultura e al boom del ritorno alla terra da parte di quei giovani con un background del tutto estraneo al mondo agricolo, che spesso risultano i più coraggiosi innovatori, forse anche perché nettamente svincolati dalle logiche produttive tradizionali; nascono bed & breakfast e spacci aziendali per la vendita diretta, fattorie didattiche ed orti scolastici. Risulta sempre e comunque centrale il piacere (o vero e proprio bisogno) di condividere, probabilmente il reale fondamento di un cambio di rotta così deciso, all'interno di una società che si conferma invece intelaiata su una solida base di individualismo e malcelato egoismo.
L'intenzione è quella di indagare, attraverso il metodo dell'intervista diretta, motivazioni personali e stimoli esterni alla base di scelte di vita e di lavoro così radicalmente differenti, cercando di inquadrare quelle traiettorie culturali/colturali che attualmente caratterizzano il caotico universo agricolo dell'era post-industriale, in una contrapposizione, spesso anche troppo marcata, fra agricoltura che genera reddito ed agricoltura che non ne genera: davvero si può ridurre tutto a questo? Accento da porre sulle inevitabili discrepanze inter-generazionali (e sul problema del ricambio generazionale in agricoltura, dove i tempi risultano molto dilatati), partendo però da un primo punto in comune: gli agricoltori, comunque li si voglia considerare (e comunque vogliano considerarsi loro stessi), vivono il territorio in quella sua caratteristica duplice versione, ovvero come luogo di vita e di lavoro, e ne diventano per ciò a pieno titolo i reali custodi, con tutto quel che ne consegue.
L'itinerario: da ovest verso est, seguendo il corso del grande fiume, attraverso Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, con un percorso da tracciare strada facendo, lungo quei viali alberati che corrono paralleli ai canali di irrigazione, nel regno della nebbia e delle vecchie cascine, che cercano di sopravvivere fra le anonime zone industriali e gli altri grigi non luoghi ai margini delle grandi e piccole città di provincia. Perché la 'bassa'? Perché per me, nel bene e nel male, vuol dire casa. Vuol dire strade di terra, borghi avvolti dalla nebbia e campanili svettanti, paglia e pioppi. Paesaggio piatto, erba alta sugli argini. Perché sono le aree di pianura quelle che hanno maggiormente risentito dei cambiamenti epocali avvenuti durante gran parte del secolo scorso, accusando maggiormente il colpo, distruggendo già fragili equilibri socio-economici, rivoluzionando l'universo rurale senza fornire alcuna alternativa. Perché è qui che qualcosa deve cambiare, dove tutto sembra immutabile e silenzioso, dove il cambiamento farebbe più rumore.
Chi vorrà partecipare con il proprio contributo diventerà parte integrante del progetto. Ci sono (almeno) tre modi per darmi una mano:
-Anzitutto aiutandomi a creare la necessaria rete di conoscenze (prima virtuale e poi reale) che mi supporti dal punto di vista organizzativo (anche solo con semplici segnalazioni, attraverso un semplice passaparola: ho bisogno di amici agricoltori e contadini disposti a raccontarsi ed interessarsi sinceramente al progetto, con la mia stessa passione ed entusiasmo).
-Ancora, il metodo più classico: la cifra richiesta andrebbe a coprire una parte delle spese di viaggio, al resto delle quali provvederei in qualche modo personalmente.
- Infine, ed è questo il genere di contributo che apprezzerei più d'ogni altro, segnalandomi la disponibilità di chiunque possa e voglia offrirmi ospitalità (soprattutto fra gli amici intervistati), il che, oltre a darmi la possibilità di approfondire con tutta calma le argomentazioni da sviscerare e conoscere ogni volta in maniera meno superficiale la realtà in questione, mi alleggerirebbe ulteriormente delle spese di vitto e alloggio. Ovviamente, nel caso si chiacchiera lavorando, sono sempre pronto a rimboccarmi le maniche (vedi wwoofing)!
Invito chiunque sia interessato o incuriosito o abbia qualsiasi (più che legittimo) dubbio, a contattarmi per saperne di più o per un confronto di qualsiasi genere, considerando questo progetto nient'altro che un cantiere aperto.
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