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IL PROGETTO
Incassare per ripartire. Un po’ come sbagliare prima di capire, quindi riprendere la retta via.
Pugni “Chiusi” nel carcere di Bollate è il progetto pugilistico nato nel 2016, rivolto ai detenuti ospiti nel carcere di bollate.
“Parlare di pugilato è sempre difficoltoso, parlarne in termini di crescita umana e professionale ancora peggio – spiega Mirko Chiari, l’ideatore del progetto per cui collabora anche il maestro Bruno Meloni - soprattutto quando devi raccontare a chi non ha mai preso uno schiaffo il perché la boxe può aiutare molte persone”.
Dal 2016 si svolgono 3 allenamenti a settimana, di un’ora ciascuno, per i detenuti – oggi in 20 sono coinvolti nel progetto – abbiamo tre giorni fissi alla settimana, lunedì mercoledì e venerdì dalle 17 alle 19.
Provengono dai quattro dei sette reparti presenti al carcere di Bollate, circa la metà hanno un’età compresa tra 19 e i 30 anni.
C'è anche qualche anzianotto di 51 anni che si difende molto bene.
IL SOGNO
A giugno 2016, attraverso eventi legati alla promozione dello sport per tutti Mirko ha incontrato alcuni esponenti del carcere di Bollate fino al responsabile dell’area trattamentale, Roberto Bezzi, e l’ispettore di polizia del primo reparto. A quel colloquio ci siamo accordati per un progetto pilota di 6 mesi e siamo rimasti d’accordo che se in questo periodo di tempo i detenuti non si fossero azzuffati tra loro in palestra, il progetto sarebbe durato senza una scadenza.
Dopo anni, due anni di attività costante ora si sta per coronare il suo sogno: preparare i detenuti più meritevoli, sia sotto l’aspetto sportivo che di condotta, a combattere all’interno del penitenziario contro pugili esterni, liberi.
IL PERCORSO PSICOLOGICO
Mirko assieme al suo team è riuscito con il tempo a creare un percorso parallelo nel sociale, collaborando con cooperative supportate dal Comune di Milano che operano sui territori considerati pericolosi in zone periferiche.
Così facendo ha potuto testare le sue capacità didattiche non solo come insegnanti di pugilato ma anche come formatori ed educatori. Per questi progetti, i ragazzi legati al territorio, tutti minorenni, hanno risposto molto bene dimostrando interesse e predisposizione per il pugilato tra fatica e apprendimento. Ovviamente i parametri di riferimento con cui ci siamo interfacciati a questi giovani sono differenti da quelli che si usano nelle palestre nel quotidiano. Anche se, poi alla fine, alcune problematiche risultano più frequenti in persone considerate agiate”.
E' IMPORTANTE TOGLIERE L’ETICHETTA
Mirko da due anni si occupa costantemente del progetto. Vuole far conoscre a più persone, anche solo dalle sue parole,
l’ambiente carcerario perché crede aiuti anche a starne lontano e a seguire una condotta di vita migliore.
Lotta perché cadano certi pregiudizi appiccicati come un’etichetta a chi ha avuto un passato da detenuto.
E’ proprio questa etichetta di ex detenuto la cosa più complicata da superare, che poi prevede quasi una minima possibilità di recidiva. A conti fatti abbiamo capito che spesso, per una serie di circostanze che consideriamo quotidiane, è molto facile essere incarcerati: almeno il 30% delle persone che abbiamo conosciuto nella vita di tutti i giorni hanno rischiato un percorso simile.
Questo ci spinge a stimolare un dibbatito che porti a nuove visioni rispetto alla condizione di tuti i detenuti nel nostro paese.
L'AUTORE
Mi chiamo Alessandro Best. Sono nato nel sud italia ma cresciuto a Milano in periferia.
Dopo un periodo negli stati uniti, a NYC dove ho studiato presso la New York Film Academy, sono tornato in Italia dove tutt'ora vivo e lavoro. Da qualche anno ho fondato una casa di produzione indipendente. Produciamo commercial, documentari, cortometraggi e contenuti legati al mondo del sport. Ho curato la regia di un formato tv legato al mondo delle MMA per tre stagioni su FOX SPORTS INTERNATIONAL in onda prime time assieme all'autore e telecronista sportivo Alex Dandioggi impegnato alla telecronca con DAZN.
Sono cresciuto nella periferia sud di Milano, rimanendo sempre molto sensibile a temi sociali, legati all'integrazione, il disagio delle periferie, problematiche giovanili. Questo mi ha portato a produrre RAGU' un film cortometraggio che racconta uno spaccato di vita tra periferie disagiate e detenzione.
PERCHE' IL DOCUMENTARIO
Anni fà ho conosciuto Mirko Chiari, c'è stata subito grande intesa.
A distanza di tempo mi ha parlato del suo progetto e di quanto volesse aiutare questi giovani ragazzi.
Da anni ha deciso di insegnare pugilato ai detenuti del carcere di Bollate. Ha deciso di dedicare parte del tempo che ha disposizione per insegnare a dei ragazzi che si sono "persi" cos'è il pugilato, perché la chiamano la nobile arte e cosa possa fare questo sport per loro. Grazie al supporto e alla volontà della casa di Reclusion di Bollate, oggi può prendere forma un progetto così ambiozioso.
E' talmente "matto" che vuole anche farli competere sul ring contro dei pugili "liberi" all'interno del carcere, in un evento mai realizzato prima d'ora in Italia!
PERCHE NO?
Mi sono chiesto come faccio a non raccontare la storia di un sognatore come Mirko, che affronta la complicata burocrazia e i pregiudizi? Come faccio a non raccontare il sogno di un ragazzo che tutte le mattine si sveglia alle 4.30, guida il camion della nettezza urbana per ore, poi smette di lavorare e va in carcere a dare una mano a queste persone, cercando di dare un nuovo senso alla loro vita, a sudare con loro, a soffrire assieme a loro?
Questo progetto mi piace perché rappresenta l'energia inarrestabile, quella delle persone buone, delle persone che se vogliono, tutto possono, quella delle persone che hanno sogni, quella delle persone che sanno vivere conoscendo la paura, ma senza che essa abbia la meglio. Questo progetto mi piace perché riesco a sentire il fuoco e la passione che brucia dentro il cuore di Mirko e Bruno. E' una cosa che non puoi raccontare e come spiegare dio ad un ateo.
E' la loro vita e io credo sia una vita da raccontare.
L'IDEA
Il documentario ha l'obbiettivo di raccontare come lo sport possa essere una grande leva emotiva per riemergere e costruire un nuovo futuro. Ha l'obbiettivo di mettere in contrapposizione, la vita sportiva e sociale di un pugile detenuto con quella di un pugile "libero". Tracciare un percorso emotivo che racconti le diverse sfaccettature di carattere personale e come queste si evolvano quotidianamente grazie allo sport, sia in un contesto di detenzione che in un contesto di vita ordinaria.
Attraverso interviste a i tre istruttori, la direzione carceraria, ad divesi detenuti, alle loro famiglie e ad alcuni pugili "liberi" verrà costruita la narrazione che ha l'obbiettivo di raccontare come lo sport posso plasmare le persone, e come la loro condizione di libertà o reclusione possa risultare sia un beneficio che un ostacolo.
Racconteremo come la vita di questi ragazzi è cambiata in carcare, da quando si sono avvicinati a questo sport.
Seguiremo la loro preparazione fisica e mentale, supportati da Psicologi e Criminolgi che ogni giorno aiutano tanti giovani detenuti nel processo di espiazione e reintregazione nella società.
IL SOGNO
Tutto questo è possibile grazie allo sforzo di tre persone. Grazie alla loro voglia di "sporcarsi" le mani e condividere il tempo con persone che vivono la loro pena cercando una via per reintegrasi nella società. E' questa la storia che vogliamo raccontare.
Persone che tendono la mano da una parte, uomini che cercano una nuova vita dall'altra.
COME SPENDEREMO I SOLDI CHE DONERAI
Per realizzare un documentario di almeno 50min occore un budget che va tra i 19.000 e 22.000 €
Per realizzare un documentario di almeno 30min occore un budget che va tra i 10.000 e 15.000 €
I costi che articolano il budget si rifanno alle spese che la produzione deve affrontare, attraverso la fase di pre-produzione, produzione, e post produzione.
Il progetto durerà 6 mesi, nei quali verranno prodotte interviste, ore di registrazioni in carcere e fuori.
Una libreria di video che dovrà eser analizzata e che darà luogo alla creazione del prodotto finito.
Ogni progetto visivo ha bisogno anche del giusto impatto sonoro, attraverso il lavoro di un compositore costruiremo la colonna sonora del progetto.
Tutti i soldi saranno destinati alla produzione del documentario e in nessuno modo ci sarà volonta di lucrare su questo progetto.
I soldi che non saranno spesi, verrano interamente impegnati per il progetto nel carcere, seguito da Mirko Chiari.
PRODUZIONE
Infinity - Rti Mediaset ha creduto in questo progetto dandoci la possibilità di accedere ad un fondo di € 5000 per produrre questo documentario. La condizione perché Infinity eroghi questo budget è che attraverso questa raccolta di donazioni riusciamo a raggiungere un importo di € 5000.
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