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Lo sguardo delle donne: donne nel mondo

Una campagna di
Mille&UnaVoce - Associazione culturale

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Lo sguardo delle donne: donne nel mondo

Lo sguardo delle donne: donne nel mondo

Campagna terminata
  • Raccolti € 75,00
  • Sostenitori 4
  • Scadenza Terminato
  • Modalità Donazione semplice  
  • Categoria Eventi & festival

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Mille&UnaVoce - Associazione culturale

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Il Progetto

LO SGUARDO DELLE DONNE 2017: donne nel mondo

L'Associazione Mille&unavoce ripropone per il 2017 l’appuntamento Cine-letterario di cultura al femminile, Lo sguardo delle donne, alla sua sesta edizione. Quest'anno la sguardo si aprirà al mondo per dedicarsi a tutte quelle donne che, in molti paesi, soffrono e combattono la lotta quotidiana del sopravvivere ma anche la lotta per la ribellione all'oppressione data dalla guerra o dallo strapotere maschile.

Tenendo questo filo conduttore, compatibilmente con le nostre disponibilità economiche prevediamo un percorso di 5 incontri, a partire dalla serata di apertura dell'8 marzo, secondo il programma descritto.


        1° incontro - 8 marzo ore 21.00

        CONCERTO DEL QUARTETTO “CAMINAR”

Enigma Luna – canto a la diferencia

Uno spettacolo fortemente legato alle figure femminilidell’America Latina che hanno attraversato tutto il Novecento; presenza centrale di questo universo femminile è Violeta Parra da cui parte la narrazione musicale proposta. Accanto a lei un fiorire di personalità differenti: Mercedes Sosa, Frida Kalo, Gioconda Belli, Isabel Allende, Rita Montanier... donne a tutto tondo, impegnate nel promuovere pensiero, riflessioni ed esperienze vissute attraverso la poesia. l’arte e la musica. Un universo complesso e a volte enigmatico e contraddittorio ma sempre unito dalla vitalità femminile, capace di parlare d’amore e di desiderio, di politica e di religione, di fame e di miseria, di dolore e di speranza...

Il legame tra musica e poesia, si ispira al repertorio proposto dal QUARTETTO CAMINAR. I brani scelti spaziano attraverso la produzione musicale di figure artistiche che con il loro talento creativo hanno promosso valori universali di uguaglianza e rispetto delle identità culturali. In particolare, si fa riferimento ad alcuni dei più grandi artisti latinoamericani degli anni Venti, Trenta e Quaranta, quali la compositrice e cantante cubana Rita Montaner, i Maestri Eliseo Grenet e F.B. Caignet, insieme ad autori di epoca più recente, appartenenti al filone della Nueva Canción Cilena e della Nueva Trova Cubana, quali Violeta Parra, Víctor Jara, Mercedes Sosa, Silvio Rodríguez, Pablo Milanés.

Brani e poesie di Isabel e Nicanor Parra, i figli di Violeta.

Le serate saranno concluse con un RINFRESCO a cura di Mille&unavoce e Erboristeria La Radice,


        Incontro - 25 marzo – ore 16.00

DONNE E PALESTINA

La situazione di violenza continua a cui il popolo palestinese è sottoposto da decenni, si ripercuote negativamente nei rapporti all’interno della società palestinese stessa. Donne e bambini sono le “categorie” più a rischio di aggressioni e di attacchi da parte dei maschi adulti conviventi. Molti analisti mettono in relazione l’escalation di violenze familiari con il peggiorare continuo della situazione politica ed economica palestinese. L’uomo sperimenta da tempo l’umiliazione delle percosse, delle aggressioni dei militari israeliani perpetrate davanti ai figli, alla moglie. La mancanza di lavoro, poi, produce rabbia e frustrazione che vanno ad aggiungersi a quelle prodotte dalla violenza subita quotidianamente per la strada, ai check-point, in carcere. Tale accumulo di energia negativa viene spesso rilasciato in famiglia, contro i più deboli e indifesi.

Proiezione del film Il figlio dell'altra di Lorrain Lévy

Un’opera emozionante che affronta temi cruciali tristemente contemporanei cercando le risposte nel cuore della gente comune e affidando le speranze per il futuro alle donne, le uniche in grado di spingere gli uomini ad essere migliori, di capire che quando non c’è un’alternativa possibile l’unica soluzione è tendere la mano verso l’altro. Racconda di due neonati scambiati alla nascita, di famiglie sconvolte e di crisi d’identità. Un tema sicuramente già trattato in passato ma mai affrontato nei termini in cui la regista francese di origine ebrea Lorraine Lévy ha scelto di raccontarcelo. I due ragazzi coinvolti non sono semplicemente un musicista che sogna di arruolarsi nell’esercito e uno studente di medicina che vive a Parigi e sogna di aprire un ospedale per salvare le vittime della guerra. Joseph è israeliano e Yacine è palestinese. Nel giorno della loro nascita nel lontano 1991, nel pieno della Guerra del Golfo, l’ospedale di Haifa fu evacuato per motivi di sicurezza ma al rientro nelle stanze l’infermiera riconsegnò alle due mamme il bambino sbagliato. La verità sullo scambio di identità viene fuori durante la visita medica di Joseph per il servizio di leva nell’Aeronautica Militare israeliana, quando i medici scoprono che il suo gruppo sanguigno è incompatibile con quello dei genitori. Dalle indagini risulterà essere figlio biologico di Saïd e Leïla Al Bezaaz, i coniugi palestinesi che a differenza di Orith e Alon, che hanno una bella casa nei sobborghi di Tel Aviv, vivono nei territori occupati della Cisgiordania. Due genitori che dal canto loro hanno cresciuto Yacine, il figlio che ha vissuto fino a quel momento la vita che sarebbe spettata a Joseph. La rivelazione getta nel panico le due famiglie che da quel momento in poi saranno costrette ad interrogarsi sulle rispettive identità, sulle ragioni e sull’effettivo significato del conflitto politico e religioso che continua a dividere i due popoli.

Il film è preceduto da un dibattito con giornalisti e esponenti di associazioni.


3° incontro 8 aprile – ore 16.00

DONNE IN AFGHANISTAN

Dalla caduta del regime dei talebani alla fine del 2001, molte persone sono d’accordo sul fatto che la posizione politica e culturale delle donne afghane è migliorata. La costituzione afghana adottata di recente afferma che "i cittadini dell’ Afghanistan sia gli uomini che le donne hanno pari diritti e doveri davanti alla legge" fino ad oggi, le donne hanno avuto il permesso di tornare al lavoro, il governo non le obbliga a indossare il burqa che copre tutto, ed esse sono state nominate anche in posti di rilievo nel governo. Ciononostante la repressione delle donne è ancora forte nelle zone rurali, dove molte famiglie obbligano le proprie madri, figlie, mogli e sorelle a non partecipare alla vita pubblica, le obbligano al burqa, le costringono a matrimoni e negano loro l’accesso a un’istruzione di base. L’ 85% delle donne e delle ragazze in Afghanistan è analfabeta e la maggior parte di loro è privata di servizi sanitari. Ogni 30 minuti una donna muore durante la gravidanza, il 70% delle vittime sono donne colpite da malattie tubercolari.

Proiezione del film Osama di Seddiq Barmak

Una dodicenne afgana e sua madre perdono il lavoro quando l’ospedale di Kabul viene chiuso dai talebani, che vietano alle donne di lavorare se prive di un “compagno legale”. Si chiama Maria e ha 12 anni, per sopravvivere al regime assurdo dei Talebani la madre le fa vestire panni da maschio e le da il nome di Osama.
Maria/Osama dovrà crescere in fretta e imparare presto l'orrore che ogni dittatura porta con sé. Sarà costretta, in quanto maschio a frequentare una scuola coranica dove scoprirà la cultura misogina e maschilista inculcata nelle coscienze dei giovani coetanei. Una volta scoperta rischierà la lapidazione e solo il matrimonio con un vecchio talebano la salverà dalla morte senza ridarle la vita.

Il film è preceduto da un dibattito con giornalisti e esponenti di associazioni.


12  marzo - ore 19.00
Inaugurazione della MOSTRA presso il PERTINI

Realtà delle donne nel mondo

Opere di artiste e artisti del territorio

La mostra sarà aperta dal 12 al 22 aprile


4° incontro - 28 aprile  – ore 20.00

DONNE IN KURDISTAN

La guerra in Medio Oriente contro lo Stato islamico d’Iraq e di Levante (ISIL) ha attratto l’attenzione del mondo intero sulla regione. L’attenzione si concentra in particolare sulle donne combattenti curde. Le donne nel Kurdistan hanno costituito le Unità di Autodifesa delle Donne (YPJ forza di difesa attiva sul campo in Siria occidentale) ispirandosi al comunalismo ed al municipalismo libertario, all’ecologismo sociale e all’uguaglianza di genere hanno creato, in Rojava, un sistema sociale, economico e politico decentrato ed orizzontale, partecipato, autogestito e confederato nel quale la donna acquista una posizione centrale.

Proiezione del film Il tempo dei cavalli ubriachi di Bahman Ghobadi

C’è un popolo che vive ai margini del mondo, senza una patria e dimenticato da tutti. E’ il popolo curdo, circa 20.000.000 di persone che vivono qua e là tra l’Iran, l’Iraq e la Turchia. A dire il vero, non proprio dimenticato da tutti: l’Iraq e la Turchia se ne ricordano benissimo, e da anni stanno cercando di eliminarlo attuando un vero e proprio genocidio, con soldi e soprattutto armi di provenienza prevalentemente occidentale.

Di questo popolo fa parte il giovane regista di nazionalità iraniana Bahman Ghobadi che con Il tempo dei cavalli ubriachi porta a compimento il progetto iniziato con il cortometraggio Vita nella nebbia, vincitore del premio speciale della critica al festival di Clermont-Ferrand nel 1999 e premiato lo stesso anno anche a Pesaro.

E di questo popolo fa parte anche la piccola Amaneh, che nel film, presentato alla Quinzaine des realisateurs a Cannes 2000, ci racconta la storia della sua famiglia, o di quello che ne rimane: cinque fratelli orfani della madre e presto anche del padre che cercano di tirare avanti tra mille difficoltà. Vivono in Iran, vicino al confine con l’Iraq, tra montagne innevate, contrabbandieri e mine antiuomo. Uno di loro è gravemente ammalato e necessita urgentemente di una costosa operazione; Ayoub, il maggiore (età apparente circa 15 anni) lavora oltre le proprie possibilità fisiche per cercare di aiutarlo, ma non è facile. Le condizioni meteorologiche sono proibitive, i pacchi da trasportare sono molto pesanti e Ayoub non possiede un mulo. Come la bicicletta nel film di De Sica (o nel recente Le biciclette di Pechino del cinese Wang) il mulo è uno strumento necessario per la sopravvivenza: senza un mulo non è possibile lavorare, o comunque il lavoro non è abbastanza redditizio per mantenere cinque persone.

Quello descritto nel film è un mondo di bambini costretti a diventare adulti troppo presto, dove ogni giorno si può restare orfani o saltare su una mina, e dove un quaderno, come quello che Ayoub regala ad Amaneh, sembra il dono più prezioso. Il finale è aperto, lasciando spazio alla speranza ma facendo anche intuire che le sofferenze non sono finite.

La camera a mano di Ghobadi scava nella sofferenza dei personaggi in un film crudo, senza velleità poetiche ma con il preciso e dichiarato obiettivo di denunciare le sofferenze di un intero popolo. Il cinema iraniano si conferma uno dei più vitali sulla scena mondiale; anche se qualcuno comincia ad avere perplessità dovute alla "furbizia" con cui certi film verrebbero confezionati per piacere al pubblico dei festival europei, mi pare che i risultati siano spesso di buon livello. In particolare poi in questo caso, come ad esempio nell’altrettanto bello Sotto la pelle della città visto a Torino e non ancora distribuito in Italia, la partecipazione alla sorte dei personaggi sembra sincera e la denuncia efficace.

E' sicuramente un film da vedere, soprattutto per chi ancora crede che il Cinema non debba essere solo intrattenimento ma anche arte, cultura, impegno.

Il film è preceduto da un Incontro con  donne kurde che vivono a  Milano


Il film è preceduto da un Incontro con giornaliste e esponenti di associazioni di volontariato


         5° incontro - 26 maggio ore 20.00

         LO SGUARDO IN CORTO

L'ultimo incontro, proporrà tre corti, di differente tenore ma di grande impatto emotivo e culturale.

1 L'anguria - Agringorto

Prodotto da “Compagnia Genitori Instabili" di Valter Cavalli e Guido Rubini

Una storia di solidarietà e amicizia, ambientata in Italia e raccontata in forma leggera e divertente.

2 La sedia di cartone - Agrincorto

Prodotto da Fondazione Fontana Onlus e dal St Martin CSA in collaborazione con Videozuma e con il sostegno di OPSA Opera della Provvidenza San Antonio di Padova

Documentario, della durata di 16 minuti, protagonista il piccolo Jeoffrey, un bambino keniota affetto da disabilità. Nato con idrocefalo e spina bifida, non si muove, non è in grado di sorreggere la testa e comunica i suoi desideri attirando l’attenzione con lamenti o sorrisi stentati. Trascorre le sue giornate sul divano, steso oppure seduto sull’angolo, dove la mamma lo accudisce avvolgendolo in una sorta di nido creato con le coperte. Per Jeoffrey viene creato un ausilio (una semplice sedia di cartone) che consente alla madre di condividere con il bimbo azioni quotidiane come lavare i vestiti, cucinare, mungere il latte e permette al bambino di relazionarsi all'interno della sua comunità

3 MORE THAN TWO HOURS

Regista Ali Asgari

(il corto – 16 minuti – ha vinto 75 premi in rassegne internazionali)

Un giovane uomo e una giovane donna sono in macchina, in cerca di un ospedale nel mezzo della notte. Stanno girando da più di due ore in cerca di un ospedale che si occupi della giovane che a seguito di un rapporto sta soffrendo di una forte emorragia. Nell'ospedale pubblico cui si rivolgono dichiarano di essere sposati ma quando all'infermiera appare chiaro che i due ragazzi non lo sono minaccia di chiamare la polizia e rifiuta le cure. I due giovani si rivolgono ad un ospedale privato ma ricevono lo stesso trattamento. Realizzato in Iran, dove i rapporti prematrimoniali sono illegali, il corto offre un intenso e straziante esempio sui danni relativi alle politiche iraniane riguardanti il corpo delle donne.

Il film è preceduto da un dibattito con giornalisti e esponenti di associazioni.

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