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Sacha Amaku

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Il Progetto

Leggimi

Romanzo genere thriller erotico / psicologico

Il romanzo è stato pubblicato a puntate a partire da Maggio 2019 ed è stato ultimato e pubblicato a Dicembre 2019.

Di seguito puoi trovare i primi 5 capitoli..se ti piacciono:

Aiutami a tradurre questo romanzo in inglese

Leggimi

Sacha Amaku

Codice ISBN: 9781675713655

Casa editrice: Independently published

© Sacha Amaku

A te

CAPITOLO 1

"Ciao, mi presento, sono una bella ragazza di diciannove anni, alta un metro e settanta, capelli castani, occhi neri e fisico slanciato. La mia richiesta è un po’ particolare. Vivo con mia madre, una bella signora quarantenne, single, dinamica e molto disponibile. Mi piacerebbe trovare un uomo colto, raffinato, elegante che la seduca e che magari si trasferisca anche a casa nostra. Mi piacerebbe che lo stesso mi dominasse mentalmente e fisicamente all'insaputa di mia madre. Ti cerco sui cinquant’anni. Se interessato rispondi a questo annuncio mandando dettagli e una foto. Un bacio."

Distolse lo sguardo dal monitor del computer, rifletté un attimo e prese la sigaretta lasciata in sospeso nel posacenere portandosela alla bocca. Rimase ad aspirare a lungo per qualche minuto, mandando lunghe nuvole di fumo verso la finestra aperta, come per mandare i suoi pensieri a perdersi nel caos cittadino. Poi spense la cicca con decisione e tornò a fissare lo schermo, rilesse quelle poche righe con attenzione, più volte, divorandone ogni parola con gli occhi, cercando d'assaporare brandelli dell'anima che le aveva scritte. Si portò per un istante la mano tra le gambe, scoprendosi felicemente eccitato dalla sola lettura di quel breve messaggio. Si poteva provare, pensò, certo, magari era solo un annuncio fasullo come ce ne sono tanti, o magari era solo una ragazzina che voleva far fesso un signore maturo, o magari chissà...Si accese un’altra sigaretta continuando a tastarsi i pantaloni, ovviamente da quelle parti la decisione era già stata presa. Si alzò dalla scrivania avvicinandosi alla finestra. La spalancò. Era un freddo e nebbioso pomeriggio di metà dicembre e la gente passeggiava frenetica per le vie del centro come ogni santo giorno settimanale. Rimase lì fermo a scrutare l’andirivieni di persone lungo la via che dalla stazione Cadorna porta a Duomo. Milano non era poi così tanto grande e tra la gente che ogni giorno percorreva quel tratto di città sicuramente ci sarà stata più volte anche lei, magari si erano anche già incontrati.

Il pensiero lo allettava e lo spaventava insieme, non aveva mai fatto una cosa del genere, rispondere ad un annuncio, alla sua età, nella sua posizione, ma che stava pensando, quello non era certo il suo mondo. Certo, da quando Lucia l’aveva lasciato si era detto che non aveva più senso cercare nuovamente l’amore. Era già passato un anno e ancora la ferita bruciava incessantemente. Lucia se ne era andata all'improvviso, tra le braccia di un altro, nel giro di qualche giorno, vent’anni inceneriti da un semplice "forse non ti ho mai amato". Una vita insieme distrutta da sei parole dette velocemente tra l’uscio di casa e la porta dell’ascensore, tra i denti, quasi senza emozione. E il suo sguardo che la fissava immobile, senza poter articolare una risposta, sguardo in basso, rapito dalle mani di lei impegnate a tener salda una valigia riempita di ricordi. Nemmeno quello gli aveva lasciato. Il suo profumo era scomparso dalla loro casa dopo appena qualche giorno. No, l’amore non faceva più parte dalla sua vita, ma non poteva rinunciare alla soddisfazione di qualche piacere carnale, e allora internet, ricerche fugaci su siti d’incontri, annunci di ogni tipo e di ogni età. Più volte si era ritrovato sul punto di rispondere a qualcuno, incuriosito dal quel mondo che sembrava promettere sesso semplice e senza complicazioni, ma sempre aveva poi desistito, limitandosi a sfogare da solo le fantasie che quelle letture gli provocavano. Ma ora quell’annuncio. Era diverso. C’era un non so che di trasgressione sottile in quelle parole che aveva letto, non era una semplice richiesta di sesso, era qualcosa di più, mischiava finzione e realtà, qualcosa di morboso, affascinante e pauroso allo stesso momento che non poteva lasciarlo indifferente.

Era così immerso in questi pensieri che non si accorse che la sua segretaria si era, dopo aver inutilmente bussato, affacciata alla sua porta.

<<avvocato, la disturbo?>>

<<A..A..Anna>>

Rispose lui balzando all’indietro di qualche centimetro, preso alla sprovvista da quella voce un po’ stridula.

<<scusi avvocato>>

Disse lei accorgendosi del suo stupore.

<<non volevo spaventarla, ho bussato ma non mi ha risposto così...>>

<<sì sì, non si preoccupi, ero solamente immerso in certi pensieri, mi dica pure>>

Si era ormai ripreso dallo sbandamento iniziale, ricomponendosi anche la camicia tra una parola e l’altra e, soprattutto, era riuscito a chiudere il portatile prima che quell’impicciona potesse darci una sbirciatina, cosa che si stava accingendo a fare avvicinandosi incuriosita alla scrivania dell’uomo. Lui se ne accorse, e dato che lei ancora non rispondeva, la incalzò nuovamente.

<<Anna, mi dica pure, cosa desidera?>>

<<ah sì avvocato. Ecco, volevo avvisarla che è arrivata la signora Ballarati. La faccio accomodare?>>

Era visibilmente desolata di non aver potuto dare una sbirciatina alla causa dello smarrimento del suo principale.

<<sì certo, la faccia passare pure, mi dia solo due minuti. Grazie>>

Così dicendo si girò dandole le spalle, aspettando il chiudersi della porta.

Poi si versò un bicchiere d’acqua, si sistemò i corti capelli neri con la mano e si sedette alla sua scrivania in attesa della cliente. Due grossi respiri, profondi e lenti, doveva scacciare dalla mente le fantasie di qualche minuto prima, ora si trattava di lavoro, doveva essere calmo e lucido, o almeno, così doveva apparire.

CAPITOLO 2

<<salve >>

Disse la signora entrando nell’ufficio.

<<salve>>

Le fece eco lui sfoderando un incantevole sorriso.

<<prego, si accomodi pure>>

E le indicò una poltrona di pelle finemente ricamata. Lui si mise in quella che stava di fronte, separata solo da un raffinato tavolino in vetro.

<<desidera un caffè?>>

Chiese gentilmente, posando i suoi occhi sulla figura di lei.

Una donna dall’aspetto gradevole, sulla quarantina, bionda naturale, due occhi verdi profondi, un nasino all'insù un po’ altezzoso e un paio di labbra sottili sottili.

<<grazie, volentieri>>

Premette il pulsante del citofono interno.

<<Anna, può portare gentilmente due caffè?>>

<<sì avvocato, arrivo subito>>

<<bene>>

I suoi occhi tornarono a posarsi sulla cliente.

<<mi dica pure, in cosa posso esserle utile?>>

Lei lo guardò minuziosamente. Era un bell’uomo, sulla cinquantina, anche se ne dimostrava sicuramente di meno. Alto, dal corpo massiccio e slanciato, vestito in maniera impeccabile, una barba corta e ben curata, perfettamente in tono con l’ambiente semplice e serio del suo ufficio.

<<sì ecco, si tratta di una questione d’eredità, mio padre è morto da poco ed io e i miei fratelli...>>

Si sentì bussare, la signora s’interruppe per qualche istante. Anna appoggiò le due tazzine di caffè sul tavolino di vetro accompagnandole con un cabaret di pasticcini freschi. Poi uscì dall’ufficio e la signora riprese da dove aveva interrotto.

<<ecco, dicevo, io e i miei fratelli, sì insomma, diciamo che io e mio fratello minore siamo un po’ in lotta con l’altro nostro fratello perché, perché vede mio padre la settimana prima di morire ha lasciato una specie di testamento nel quale dichiarava nostro fratello erede unico, però ecco...insomma, bisogna dire che mio padre quell’ultima settimana non era completamente lucido e sì, insomma...noi…cioè…io e mio fratello minore...>>

<<se ho capito bene>>

Fece lui, interrompendo quel fiume di parole.

<<lei e suo fratello minore vorreste impugnare il testamento>>

Riassunse schematicamente.

<<ne ha qui una copia?>>

<<sì sì…certo...aspetti solo...>>

Le dita di lei iniziarono a frugare nella borsa. Le unghie erano smaltate di fresco, ma denotavano che non era solita agghindarsi a quel modo. Lucia gli diceva sempre che lo smalto è un'arte, è quel tocco vellutato che dà un tono a tutto l’abbigliamento, non si doveva vedere, ma percepire nel tutto, quella era classe, eleganza. Lo smalto della signora Ballarati invece era troppo acceso, si faceva subito notare agli occhi di un osservatore. Ostentava marcatamente rispetto all’abbigliamento. Nonostante questo pensò che la signora avesse veramente delle mani incantevoli, con lunghe dita affusolate che promettevano un tocco dolce e sapiente.

<<ecco, prenda pure, questo è il testamento di mio padre>>

Lo appoggiò al tavolino, curvandosi per raggiungerlo, lasciando così intravedere che sotto la camicetta non portava il reggiseno. Fu un attimo, un istante quasi impercettibile, ma che a lui fece scattare immediatamente nella memoria il ricordo dell’annuncio letto poco prima.

<<gr...grazie>>

Mormorò quasi a disagio. Poi iniziò a leggerlo.

Cercava di mantenere la sua concentrazione su quei pochi fogli scritti a penna da una calligrafia insicura, ma il suo pensiero insisteva per correre via, verso mete più affascinanti. Mete che risvegliavano in lui emozioni che non provava da tempo, da quando era giovane, prima del matrimonio. Trasgressione, il piacere dato dal corpo di una sconosciuta, il gioco che una giovane figlia stava cercando per appagare il suo piacere e le sue fantasie. Le righe di quell’annuncio si sovrapponevano sulle pagine del testamento. Non poteva fare a meno d’immaginarsi quella ragazzina, così giovane, mentre dietro ad un monitor si eccitava rileggendo le sue stesse parole. Voleva essere dominata dall’uomo di sua madre. Un uomo che lei stessa aveva scelto. Perché? Perché era così affascinato da quella proposta? Perché una ragazza provava il desiderio di un’avventura così pericolosa e malata? Non riusciva a rispondersi, ma la cosa, il solo pensarci, lo faceva fremere di piacere. Le mani iniziarono a tremargli e un foglio gli cadde.

<<tutto bene avvocato?>>

Chiese la signora raccogliendo il foglio da terra.

<<sì sì, scusi, mi è solo scivolato di mano>>

<<ecco, prenda pure>>

Gli passò il foglio e nel farlo il suo sguardo si fermò per un istante tra le gambe di lui. Fu un attimo, ma lui se ne accorse e lei distolse gli occhi da lì per posarli sulla finestra al suo fianco.

Si era eccitato, senza nemmeno rendersene conto, il suo membro si era gonfiato quasi fino ad esplodere mentre prima, cercando di leggere il testamento, si era lasciato distrarre da quelle fantasie che si erano così impunemente affacciate alla sua mente. E la signora se ne era accorta, che figura. Doveva riprendere in mano la situazione. Fece qualche respiro lento e profondo, e disse a sé stesso che dopo avrebbe pensato a quella possibilità con tutta calma, sarebbe andato a casa prima, annullando gli ultimi appuntamenti della giornata, ma quello doveva assolutamente terminarlo. Possibilmente evitando di passare come un maniaco sessuale.

Tornò a leggere il testamento, un po’ più rilassato. La signora tornò a sbirciare tra le sue gambe di sfuggita e, con un briciolo di rammarico, si accorse che quello che credeva fosse un apprezzamento nei suoi confronti, si era sgonfiato, facendo ritornare la situazione in un contesto di normalità.

CAPITOLO 3

<<Anna, annulli tutti i miei impegni del pomeriggio>>

<<certo avvocato, ma si sente bene?>>

La sua fronte era perlata da una moltitudine di piccole gocce di sudore.

<<sì, sto bene, mi son solo ricordato d’avere delle commissioni urgenti da sbrigare...a domattina>>

E così dicendo chiuse la porta dell’ufficio alle sue spalle.

Un minuto dopo era in strada, all’aria aperta. Dio solo sa quanto aveva bisogno di quell’aria, si era sentito così male poco prima in ufficio, tanto da dover essere costretto ad allentarsi la cravatta per non sentirsi soffocare del tutto. E ora finalmente l’aria fresca e umida della sua Milano.

Decise di camminare fino a casa, tre chilometri, una mezz’ora, non di più. Sì, poteva aspettare ancora prima di rileggere quell’annuncio e farsi rapire dalle voglie di quella giovane ragazza. Sentiva ancora il sudore scivolargli addosso su tutto il corpo ed iniziò a sentirsi turbato dagli sguardi che incrociava lungo la via. Gli sembrava che tutti lo stessero guardando indovinando i suoi pensieri, pensò che era stata una buona idea non prendere la metrò, troppi sguardi si sarebbero posati su di lui, troppa gente, il caldo, solo a pensarci si sentiva mancare. Ma anche così non si sentiva troppo a suo agio. Tutti gli occhi che incrociava per un istante gli leggevano nell’anima lanciandogli occhiate giudicatrici di rimprovero, di sdegno. Prese delle viette laterali sperando d’incontrare meno gente possibile, affrettò il passo. Ancora qualche minuto e sarebbe arrivato a casa e quell’incubo sarebbe finito o, forse, iniziava proprio allora.

Si guardò nello specchio dell’ascensore, aveva lo sguardo stralunato, era completamente in disordine, ma vide la vita nei suoi occhi. Una forza strana nelle pupille, un luccichio lontano e pulsante. E un sorriso a mezza bocca, che gli faceva inarcare involontariamente la parte destra del labbro superiore. Terzo piano. Premette il pulsante.

<<scusi...posso salire con lei?>>

Si girò di scatto, ma non vide nessuno. Poi guardò più in basso. C’era un piede. Un bellissimo piede avvolto in una calza scura, adagiato perfettamente in una scarpa lucida, nera e chiusa sul davanti solo da un laccetto che attraversava il dorso appena sotto la caviglia.

Le porte si riaprirono.

<<scusi per questa irruzione, sono molto di fretta>>

Era una voce calda, avvolgente e delicata. Lei una ragazza di non più di venticinque anni, piccoletta ma ben proporzionata. Capelli voluminosi e tutti arricciati. Forse aveva corso fino a lì, portava due borse della spesa.

<<a che piano va?>>

Gli chiese appoggiando le borse a terra e sistemandosi il vestito lisciandolo con le mani.

<<io al quarto, spero non le dispiaccia se salgo con lei>>

Gli sorrise, e lui si accorse di non aver ancora detto una sola parola, limitandosi solo a fissarla in ogni sua forma.

<<io…io vado al terzo piano…si figuri, certo che può salire con me>>

Lei sorrise nuovamente.

<<grazie, sa, quando sono di fretta anche due minuti sono così importanti>>

Lui le sorrise, poi, quasi senza accorgersene, ritornò a posarle gli occhi addosso. Era giovane e bella e iniziò a fantasticare nuovamente. La ragazza dell’annuncio aveva pressappoco la stessa età di questa ragazza, chissà che aspetto aveva. Forse aveva gli stessi capelli arricciati? Portava anche lei maglioni di lana che adagiandosi sui seni li rendevano morbidi e invitanti solo ad un’occhiata? Usava scarpe eleganti col tacco o preferiva indossare scarpe più sportive? Preferiva pantaloni o gonne? Queste ed altre domande gli si affacciarono alla mente, svestiva e rivestiva la ragazza che aveva davanti immaginando che fosse l’autrice di quell’annuncio che da ore lo stava logorando. Lei si accorse di come lui la stava guardando. Era infastidita da quello sguardo che sentiva correrle sulla pelle, tanto che riprese in mano le borse della spesa e le strinse a sé, come a volersi proteggere. Finalmente arrivò il quarto piano. Le porte s’aprirono. Lei uscì senza nemmeno salutare.

Lui uscì poco dopo, entrò in casa e si buttò sul divano. Stette lì, immobile, per almeno un’ora, nell’oscurità più spessa dei suoi pensieri, fumando una sigaretta dopo l’altra. Poi s’alzò, deciso, ormai i suoi occhi si erano abituati perfettamente al buio, si diresse verso il tavolo in cucina, aprì la ventiquattrore e ne estrasse il portatile. Lo accese, cercò l’annuncio, lo lesse e rilesse più volte, con la voce che gli tremava in gola e un fremito caldo nel basso ventre. Poi iniziò a pigiare le lettere sulla tastiera. Piano, assaporando ogni secondo dell’opera che stava nascendo sotto le sue dita, non stava scrivendo, stava toccando con i polpastrelli il corpo della ragazza dell’annuncio. Sentiva la sua pelle sotto le sue dita, accarezzava ogni centimetro di quel giovane corpo modellandolo con le sue mani esperte. Ogni pausa dalla scrittura era una pausa che le sue mani si prendevano sul corpo di lei, accarezzava la tastiera percependo la delicatezza di quel fragile corpo, ogni spazio che scorreva tra un tasto e l’altro era la promessa di cavità nascoste che attendevano un suo comando per essere svegliate. Avrebbe avuto quel corpo, lo desiderava. Continuò a scrivere schiacciando i tasti con passione, una passione che iniziava a bruciargli dentro. Quando finì si masturbò. Glielo doveva.

CAPITOLO 4

"Ciao, ho letto il tuo annuncio. Sono un avvocato di Milano, ho quarantasei anni, separato da un anno. Non mi descrivo perché tanto ti ho allegato una foto, non è proprio recentissima, risale a tre anni fa, ma non sono cambiato poi molto a parte che prima portavo solamente i baffi e ora invece mi sono lasciato crescere la barba che comunque porto molto corta. Scusa se non riesco ad essere troppo prolisso, ma è la prima volta che rispondo ad un annuncio di questo tipo. A dire la verità ti sto rispondendo ma non sono ancora sicuro che alla fine ti invierò questo messaggio. Non so bene come ci si comporta in questi casi, sono stato sposato per vent’anni e...sì...ecco, insomma, ho trascorso una vita sessualmente normale sempre e solo con mia moglie, le avventure più sfrenate e le trasgressioni risalgono ormai alla mia gioventù. Ma è da quando ho letto il tuo annuncio che non riesco a pensare ad altro, il pensiero di te occupa incessantemente la mia mente, non riesco a liberarmene, e non so nemmeno se esisti sul serio, non so perché hai scritto questo annuncio, non so niente di niente, ma non posso fare a meno di credere che tu sia reale, che vivere questa esperienza possa esserlo. La possibilità che tutto questo sia vero, che tu viva per di più nella mia stessa città, mi fa ribollire il sangue dentro, è un misto d’ansia, brivido, eccitazione e paura. Una scarica d’adrenalina che non provavo da così tanto tempo e che pensavo non potesse più capitarmi. Invece le tue poche righe mi hanno spiazzato, mi hanno riacceso qualcosa dentro, voglia di rischio, voglia di possesso, voglia di provare piacere solo dalla carne, voglia di provare ad avventurarmi in un tabù come quello che proponi che mai avrei immaginato potesse riguardarmi. Potresti essere mia figlia, avresti l’età per esserlo. Io non ho figli, mia moglie non ha mai voluto, e non sono mai stato tantomeno interessato alle ragazzine della tua età, ma dalle tue righe si percepisce una forza che non può lasciare indifferenti. O almeno, che non mi può lasciare indifferente ed incuriosito. Ecco, ti ho risposto. E ti confesso che una parte di me non vorrebbe ricevere una risposta da parte tua. Ma non posso negare che un’altra parte non vede l’ora che le tue dita si posino su di una tastiera, con la tua mente occupata solo a rispondere alla mia voglia di te."

CAPITOLO 5

"Ciao, ho letto la tua email. Prima di tutto volevo ringraziarti per non avermi scritto un mare di volgarità, non hai idea di quante email idiote abbia ricevuto da quando ho pubblicato quell’annuncio. Stavo anche per pentirmene e cancellarlo, ma poi oggi ho ricevuto il tuo messaggio. Volevo anche ringraziarti per non avermi mandato un book fotografico dei tuoi attributi, vantandoti delle tue super prestazioni a letto. Voglio scoprirti piano piano e, quando arriverà l’occasione, voglio essere io stessa a sbottonarti i pantaloni, bottone per bottone, lentamente, sentendolo crescere piano sotto le mie dita...sarà tutto più emozionante non sapere cosa aspettarmi. Questo ovviamente varrà anche per te, non ti invierò nessuna foto mia. Per vedermi dovrai aspettare il giorno in cui mia madre ti inviterà a casa nostra, non prima e assolutamente non in altri luoghi. Se le mie condizioni ti vanno bene rispondimi e possiamo andare avanti. Se no tanti saluti, vorrà dire che mi ero sbagliata sul tuo conto. Ah, dimenticavo, mi sono masturbata leggendo la tua email, ho immaginato che le mie mani fossero le tue, con mia madre nell’altra stanza, te lo dico perché forse ti farà piacere saperlo. Un bacio.”

Vecchie foto accatastate qua e là, sparse da mesi in maniera disordinata in tutta la casa. Foto che lo ritraevano insieme ad una donna bellissima, dagli occhi grigi, foto che ritraevano solo lei, i suoi occhi. Foto di paesaggi esotici in cui le due figure si perdevano in abbracci fuori dal tempo, come se esistessero solo loro due al mondo, un mondo senza tempo, fermato dallo scatto meccanico di una macchina fotografica, abbracci che diventavano eterni, rapiti per sempre da una pellicola. Quasi ogni sera, da quasi un anno, guardava quelle foto in cerca di una risposta, cercando di rispondere a quel "forse non ti ho mai amato"…com’era possibile? Forse quelle immagini raccontavano una storia che lui non riusciva a vedere? Com’era possibile che non ci fosse amore...quegli abbracci, quei baci, quegli sguardi che lui teneva tanto avidamente in mano...era tutto frutto della sua fantasia? No, non poteva essere. L’amore allora c’era, forse era svanito più avanti, si era stancato all’abitudine di vent’anni trascorsi insieme, era stato accatastato col tempo, dimenticato in un angolo delle loro vite fino a diventarne un sopramobile vecchio, regalato da qualcuno tanto tempo prima, qualcuno di cui non ci si ricordava, ormai, nemmeno più il nome. L’amore c’era stato, ed era stato un amore travolgente, e allora perché quella frase? Perché quel "forse non ti ho mai" prima della parola "amore"? Come si era arrivati a questo? Le loro vite avevano seguito lo stesso binario per anni, poi si erano divise, le rispettive carriere erano diventate via via più importanti, ognuno per la sua strada, nessun figlio a ricordare loro di quanto fossero importanti l’uno per l’altra. Forse con un figlio non si sarebbe arrivati a questo punto, avrebbero rispolverato per lui quell’amore messo da parte per loro dal proprio egoismo. Ma ormai era tardi. Tardi e inutile leggere e rileggere quelle foto incessantemente, come un romanzo già letto e riletto mille volte, sempre nell’attesa di un colpo di scena che non arriverà mai.

Un bip lontano lo riportò nella stanza. Il cellulare lo avvertiva che aveva ricevuta una nuova email. Una nuova email? Non pensò subito alla possibilità che poteva essere la ragazza dell’annuncio ad aver risposto al suo messaggio, per tutta la sera, dopo aver premuto il tasto invio, se ne era quasi dimenticato. Gli venne in mente giusto un attimo prima di aprire lo schermo del portatile. E se fosse lei? Erano passate solo due ore da quando le aveva risposto, poteva già essere lei? E poi, era così sicuro che lei gli rispondesse? La sua email probabilmente era già stata cestinata insieme a molte altre, magari non l’aveva neppure letta. Eppure sentiva qualcosa vibragli nello stomaco, una sensazione strana, un caldo che saliva dalle cosce fino al ventre. Oddio, magari era veramente lei. Il respiro gli diventò affannoso, le sue dita erano rigide, ferme a mezzo centimetro dalla tastiera, incapaci di muoversi per rivelare la verità. Rimase a riflettere. Le opzioni eran due, o era lei o era qualcun’altro. Fin qui tutto bene. Se non era lei, respiro di sollievo e notte relativamente tranquilla. Se invece era lei le opzioni tornavano ad essere nuovamente due. Non era interessata, e allora notte un po’ più turbolenta e fine di un sogno che l’aveva turbato ed eccitato per un giorno intero. Era interessata, e allora inizio di un incubo ad occhi aperti. Cosa voleva? Cosa desiderava nel profondo? Aveva fantasticato di possedere quella ragazzina più volte quel giorno, di sottometterla ad ogni sua voglia, di abusarne come fosse solo un corpo pronto a soddisfare ogni suo capriccio più inconfessabile, un piccolo oggetto e niente di più. Ma queste fantasie lo abbandonavano ogni volta che scaricava la sua eccitazione. E allora lo assalivano i dubbi, ne sarebbe stato veramente capace? Era questo quello che voleva? La logica stava perdendo la partita con la ricerca del piacere più celato dentro ognuno di noi? Eccitazioni nascoste in un cassetto lontano da anni, perversioni impolverate, chiuse a chiave in un luogo lontano delle nostre menti. Potevano veramente uscire così all’improvviso, mettendosi al primo posto nella nostra vita? Tornò a guardare il computer...era lei? Si accese una sigaretta con le mani tremanti. Il fumo della prima boccata batté violentemente contro lo schermo ancora nero, poi si decise, schiacciò un tasto. Era lei. Si masturbò prima di leggere.

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