Una campagna di
Benedetta Aledda e Laura PasottiContattiInserisci il tuo indirizzo email: ti invieremo una nuova password, che potrai cambiare dopo il primo accesso.
Controlla la tua casella email: ti abbiamo inviato un messaggio con la tua nuova password.
Potrai modificarla una volta effettuato il login.
Scegli la somma con cui vuoi sostenere il progetto e il sistema di pagamento che preferisci tra quelli disponibili. L’autore del progetto riceverà subito la tua donazione.
Domani vuole pubblicare contenuti che interessino davvero ai lettori e non solo ai giornalisti, e il modo migliore per riuscirci è coinvolgerli nella scelta degli argomenti. Poi vogliamo aiutare i freelance a ottenere una remunerazione dignitosa del loro lavoro e un budget adeguato per le spese. Infine, dichiarando in modo trasparente che cosa chiediamo di finanziare e per quali importi, puntiamo a diffondere tra i lettori la consapevolezza che l'informazione ha un costo, che può diventare anche molto elevato per il giornalismo di inchiesta serio.
A luglio 2020 siamo partiti con questo esperimento: chiedere ai giornalisti freelance di proporci inchieste a tema e di qualità e far partecipare i lettori per finanziarle. I quattro temi che abbiamo scelto erano ambiente, lavoro, salute e disuguaglianze. L’esperimento è riuscito e siamo giunti agli ultimi due temi (lavoro e disuguaglianza) che questa volta proviamo a integrare in un unico slot di proposte.
Budget richiesto per la realizzazione dell'inchiesta "I beni culturali generano lavoro povero": 750 euro.
Vuoi sapere di più? Clicca qui!
ABSTRACT: Perché nei servizi museali e bibliotecari non si assume sufficiente personale pubblico, garantendo parità contrattuale a chi svolge le stesse mansioni? Sono legali i contratti a 4 euro l’ora? E a 7 euro? In che modo la pandemia ha accelerato certe dinamiche interne al settore, come ad esempio la meccanizzazione delle biglietterie?
A Forlì un gruppo di lavoratori di un museo comunale ha rischiato di veder cambiare il proprio contratto in un cambio d’appalto, con una notevole perdita salariale; la società subentrante voleva introdurre il CCNL servizi fiduciari (di solito usato dalle imprese di vigilanza), al posto di quello multiservizi fino ad allora applicato, con un abbassamento della paga da 7 a 4 euro l’ora. Con l’intervento sindacale, la modifica è stata scongiurata per tutti i nove dipendenti assunti dalla società subentrante, ma non per i lavoratori che dovessero essere assunti in futuro. A farlo notare sono stati gli stessi lavoratori, rifiutando i toni trionfalistici con cui la stampa locale ha salutato il risultato. Questa vicenda mette in luce gli effetti dell’impiego di forza-lavoro dipendente da ditte esterne nel settore culturale pubblico (musei, biblioteche). La questione non riguarda solo Forlì e non riguarda solo i musei. Sin dagli anni Novanta lo Stato sembra aver disinvestito sul settore culturale, senza riconoscere alcune nuove figure professionali e contribuendo a creare lavoro povero, sottoretribuito e dequalificato. Insieme ad alcuni lavoratori, rappresentanti sindacali e delle istituzioni locali vorremmo ricostruire la vicenda dei lavoratori del museo di Forlì e con gli attivisti del gruppo “Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali” collocarla nel panorama nazionale del settore.
Commenti (0)