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InDiferencias

Una campagna di
Antonello Paliotti

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Una campagna di
Antonello Paliotti

InDiferencias

Campagna terminata
  • Raccolti € 1.210,00
  • Sostenitori 30
  • Scadenza Terminato
  • Modalità Raccogli tutto  
  • Categoria Musica & concerti

Una campagna di 
Antonello Paliotti

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Il Progetto

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Antonello Paliotti - InDiferencias

musiche di Joao Bosco, Egberto Gismonti, Erik Satie, Charles Aznavour, Burt Bacharach, Luigi Tenco, Antonello Paliotti.

elaborazioni musicali di A. Paliotti

inserti sonori di Christopher Sblendorio, Olivier Chabrol, Elisa, Corina e Lia Meyer Ferreira, Mike van der Vijver

Con una "diagnosi psico-funzionale" di Felice Morra

e un contributo di Antonella Ippolito

L'immagine di copertina è "A borboleta e os beija-flores" di Antonio Poteiro

con

Francesco Perreca, clarinetto e sax soprano

Gennaro Cappabianca, violino e viola

Aurelio Bertucci, violoncello

Gianni Stocco, contrabbasso

Dario Franco, basso elettrico

Antonello Paliotti, chitarra

Lello Filaci, batteria

Diferencias è concepito come una trasmissione radiofonica che arrivi da un tempo e un luogo ignoti, con brevi introduzioni ai brani, inserti sonori, contributi vocali di amici e, infine, quella “chiusura delle trasmissioni” di cui si è persa la memoria… Un'interferenza, dunque.

     Il disco di Antonello Paliotti ha una forte idea portante ed è costruito come un albero: tronco, radici, rami, ne costituiscono un corpo unico, che fiorisce, ospita nidi di uccelli, perde le foglie, si rigenera; fedele a questa simbologia, l’autore ha definito diferencias – variazioni – i brani che formano il suo attuale lavoro. L’idea è quella di far dialogare più culture (quella della musica leggera, del jazz, di certa musica colta che però continua ad aprirsi senza pregiudizi a tutti i linguaggi) e mondi musicali, con un’attenzione particolare al suo amatissimo Brasile; riconoscendo, inoltre, dignità e valore alla spesso snobbata musica di consumo – inclusa quella da film – con i suoi tanti legami con l’universo volatile dell’oralità. «Ho inteso rappresentare questa osmosi, queste trasmutazioni, questo dialogo continuo e fecondo tra due o più mondi, tra due o più culture, solo apparentemente lontane o antitetiche, ma in realtà organiche e indissolubili», afferma Paliotti. E, ancora: «Il senso profondo di tutto ciò sembra però restare oscuro, come oscuro è il contesto in cui nasce e si sviluppa la musica di consumo, concetto che oggi si può estendere anche alla musica cosiddetta classica; come oscura è la nostra attuale possibilità di sopravvivere, all’interno o all’esterno di un establishment indifferente, di cui non si intuiscono neanche più gli ingressi e le uscite; come oscura è l’indifferenza della Natura».

     Nella strada che il compositore decide di imboccare, emerge anche un altro aspetto di cui tener conto; un aspetto extramusicale, se vogliamo, ma altrettanto importante e per certi versi fondativo del proprio percorso artistico: la scelta di (continuare a) far musica come gesto politico.  Ma che forma deve assumere una composizione sonora – che tra l’altro non si avvalga di un testo di supporto – per dire di sé: “non solo voglio esprimere un’idea estetica, ma sto prendendo una posizione che parli agli altri”?

Indubbiamente conta il contesto sociale (ma anche culturale, generazionale, economico…) con cui l’opera del musicista va a misurarsi. E attualmente il ‘contesto’ sembra orientarsi verso il cliché rassicurante, più che verso la ricerca e la sperimentazione. E allora è imperativo cercare un antidoto all’indifferenza. Anzi, alle Indiferencias. Scelta profondamente ‘politica’ diventa perciò quella di stimolare, di avventurarsi ‘fuori binario’, di battere nuovi sentieri o di ripercorrerne alcuni dimenticati; giocando con le fronde dell’albero; intrecciandone le radici, inseguendo gli uccelli che lo abitano, costruendo per loro nuovi nidi.

     L’albero – di cui Paliotti sceglie una specifica immagine, quella di copertina, dell’artista brasiliano Antônio Poteiro – ci rivela quanto l’universo visivo, incluso quello cinematografico, attivi per lui un costante dialogo creativo tra le arti: in questo disco, al cinema si fa esplicito riferimento nelle Diferencias sobre um filme de Billy Wilder, brano in forma di variazioni, che evoca le atmosfere musicali dei film wilderiani.  Il titolo è curiosamente in portoghese: scorrendo l’elenco dei pezzi, si può constatare come non sia il solo; nel corso di tutto il lavoro troviamo riferimenti al mondo sonoro brasiliano, che da sempre influenza il processo artistico del compositore. La musica brasiliana riecheggia in De frente prò crime, crudele canzone di João Bosco qui trattata in chiave strumentale, con una fedele e rispettosa ripresa della melodia originale; o, ancora, in A Fala da Paixão di Egberto Gismonti, splendidamente riconvertito e variato, con la benedizione dello stesso Gismonti. Il Brasile etnico del Nordeste rientra dalla finestra ne Il mondo con i tuoi occhi, rielaborazione della famosissima Always something there to remind me di Burt Bacharach e lo fa attraverso una embolada, tenzone poetica che si sublima in suggestioni ancestrali, andando a intrecciarsi con il pop puro e geniale di Bacharach. In un bellissimo, ideale contrappunto, lieve e sorprendente, il Brasile cólto di Heitor Villa-Lobos scintilla e dialoga con la melodia di una delle canzoni più famose di Luigi Tenco, Mi sono innamorato di te (e il brano s’intitola, appunto Tenco).

     Tenco, Bacharach, Aznavour (il breve Aznavourian cesella e riduce all’essenziale il tema di Ed io tra di voi dello chansonnier e autore franco-armeno) hanno scritto piccoli capolavori, che però non hanno oltrepassato il confine della musica colta. In chiave colta e con profondo rispetto, invece, vuole trattarli Antonello Paliotti, che ricompone reperti (più che repertori) in un coltissimo gioco di citazioni, senza mai, mai, sfociare nel citazionismo. Piuttosto sono frammenti, emersioni del ricordo, che subito si riassestano in un tessuto sonoro del tutto originale; talvolta queste emersioni si manifestano in guizzi ironici che, per associazioni trasversali e un po’ ardite, fanno pensare alla proteiforme Linea (quella animata da Osvaldo Cavandoli) riconvertita in pentagramma.

     In filigrana, i brani sono tutti permeati in maniera più o meno evidente dall’idea-portante della variazione sul tema. Tutti i pezzi sono realizzati seguendo questo principio compositivo, con il ‘pre-testo’, il tema musicale (anche più d’uno per ciascun brano), che si asciuga e si condensa talvolta in foggia di scarnificato Urschrei d’espressionistica memoria. Questo avviene anche in due pezzi emblematici del cammino stilistico di Antonello: Dona Bruna, del 1991, ricco di riferimenti alla musica leggera italiana (riconosciamo Alice e La voce del silenzio); e Coltrane!, dove il confronto con il Coltrane di Giant steps prende una direzione schoenberghiana, seriale: non a caso la scelta cade su un titolo in cui il virtuosismo armonico non ha ancora imboccato la deriva nichilista del free jazz, e diventa oggetto, più che di decostruzione culturale, di traduzione in un linguaggio musicale parallelo, che aderisce con rispetto e piena comprensione (verrebbe quasi da dire pietas) allo stile del sassofonista afroamericano.

     Il gioco ironico si inverte quando la materia trattata è proprio quella di un grande maestro di ironia: l’Erik Satie di Sports et divertissements viene – in Yachting – trattato in chiave rock.

Perché il gioco ‘politico’, oltre che a variare, induce a ribaltare. Con serissima ironia.

Anita Pesce

Antonello Paliotti’s musical writing rests on a powerful idea which we can conceive as having the shape of a tree: trunk, roots and branches together make up a single body which grows flowers, accommodates bird’s nests, sheds its leaves and regenerates itself; true to this symbolism, the composer has entitled the pieces that make up his most recent work ‘diferencias’ (variations). The underlying idea is that of creating a dialogue between numerous musical cultures (light and pop music, jazz, certain types of classical music, without, however, excluding any other possible musical idioms), as well as musical geographies, with special attention for Brazil, the country he loves so much. Moreover, he confers dignity and value to the often snobbed consumer music – including movie scores – with its many connections to the volatile universe of the oral tradition. 
Undoubtedly, the social environment (but also the cultural, generational and economic context) surrounding the composer plays a vital role. Today, that ‘environment’ seems more attuned to reassuring cliches than to research and experimentation. And so, looking for an antidote against indifference (actually, ‘Indiferencias’) becomes a must. 

The tree – of which Paliotti chose a specific version by the Brazilian artist Antônio Poteiro – reveals to what extent the world of visual arts, including cinema, guides him towards an ongoing creative dialogue between different art forms: this record explicitly refers to the world of movie pictures in Diferencias sobre um filme de Billy Wilder, a piece which, through its variations, evokes the musical atmosphere of Wilder’s movies. Oddly, its title is in Portuguese. If you scroll down the play list, you will see that it is not the only one; throughout, you will find recurrent references to the sounds of Brazil, which has always exerted a strong influence on Paliotti’s art. 
Rife with the Sounds of Brazil is De frente pró crime, a cruel song by João Bosco, presented here in an instrumental version, faithfully and respectfully in line with the original melody; as well as in Egberto Gismonti’s A fala da paixão, which has been splendidly converted and modified, with the blessing of Gismonti himself. As if through the back door, the North-East of Brazil makes its way into Il mondo con i tuoi occhi, a reinterpretation of Burt Bacharach’s evergreen Always something there to remind you. Paliotti reworks it by means of an embolada, a poetic tenson that transports us to ancient times and intertwines with the pure and brilliant easy listening so characteristic of Bacharach. A wonderful and supreme counterpoint, gentle and startling, emerges from the sparkling dialogue between the classical Brazilian music of Heitor Villa-Lobos and one of the most famous songs by Italian songwriter Luigi Tenco, Mi sono innamorato di te. 
Tenco, Bacharach, Aznavour (the brief piece Aznavourian cuts back to its bare essentials the theme of ‘Ed io tra di voi’ by the French-Armenian songwriter and chansonnier) have all written small masterpieces which, however, have never managed to cross the boundary into the more prestigious realm of classical music. And it is precisely a classical interpretation – respectfully - that Antonello Paliotti wishes to give them, piecing together findings, rather than an entire repertoire, in a sophisticated game of citations, without ever drifting into ‘quotationism’. 

In their fine detail, all pieces are imbued more or less overtly by the underlying idea of variations on a theme. They have been written on with this particular principle of composition in mind, starting from the ‘pre-text’, that is to say, the musical theme (for most pieces more than one), which is stripped to its bare essentials, resembling an expressionistic Urschrei. This clearly transpires from two pieces which are emblematical for the style Antonello has developed: Dona Bruna, dating back to 1991, which abounds with references to Italian pop music (we can recognize Alice and La voce del silenzio); and Variazioni su un tema di John Coltrane, where the encounter with the author of Giant steps leans towards Schoenberg’s serial approach. It is no coincidence that Paliotti has chosen a piece in which the harmonic virtuosity has not yet drifted into the nihilism of free jazz. More than carrying out a cultural deconstruction, Paliotti translates It into a parallel musical language that matches the style of the African-American saxophone player with full respect and understanding (one is almost tempted to say with pietas). 

This ironic playfulness is inverted when the starting material is provided by the very master of irony: in Yachting, the Erik Satie of Sports et divertissements is turned into rock. 
The reason, of course, is that the ‘political’ game, in addition to creating variations, also includes overturning matters. Very seriously ironically. 

(English translation by Mike van der Vijver)

Commenti (16)

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    Stefano bel progetto. Stefano
    • FP
      Francesco Sarà un piacere ascoltare la tua musica, caro Antonello
      • LF
        Luca Sono contento di aver partecipato al progetto del Maestro Antonello Paliotti; con affetto Luca Fiore.
        • CS
          Carmine Impossibile perdersi l'ultima fatica (nel senso di più recente) di Antonello e i suoi bravissimi strumentisti
          • FI
            FEDERICO Ad maiora caro Antonello!
            • avatar
              Antonio Grazie, carissimo!
              2 anni, 7 mesi fa
          • avatar
            Patrizia In bocca al lupo!!
            • RL
              Renato La tua musica sarà fedele compagna nei miei viaggi....
              • avatar
                Roberto A prestissimo!
                • avatar
                  Martina Maestro 💜
                  • avatar
                    Antonio Grazie Martinuccia! Ci vediamo a Napoli!
                    2 anni, 7 mesi fa
                • avatar
                  Mauro Nietzsche diceva: “Senza musica la vita sarebbe un errore”, ma questa volta bisogna spingersi un po’ oltre e, parafrasando Neruda, direi che “Chiunque non ascolti Paliotti è condannato”, insomma, è una questione di vita E di morte. E si! Se la musica, l’arte, deve “ferire” per, appunto, entrare attraverso la nostra pelle, nel sangue e così arrivare al cervello e al cuore, l’arte che per sua fenomenologia è fenomeno catartico, allora la musica di Paliotti lo fa nel modo più giusto, più vero possibile, si fa “carne e cielo” e ferendoci fa rilucere, ri-vivere la bellezza che ci abita; è musica che si rivela ad ogni nuovo ascolto più enigmatica ed insieme svelatrice dell’animo umano, una musica sofisticata e spigolosa, innocente e selvaggia, profonda e lieve allo stesso tempo, musica che lancia sassi, infrangendo categorie rassicuranti ma capace, anche, di elargire carezze emotivamente commoventi; un Voyage dans la Lune e, allo stesso tempo, un ritorno ad Itaca; questa musica ci offre la possibilità di tendere alla parte più alta (colta) ed insieme materica (popolare) di ognuno di noi, del nostro universo sonoro; e questo perché è musica inscindibilmente aderente alla verità; alla verità del compositore, che ci fa entrare nei suoi mondi sonori, in una splendida sintesi di svariati “generi” musicali, ed alla verità che alberga in noi; questa tensione alla bellezza, l’istinto del volo, la capacità di portarci altrove e nello stesso momento di ri-condurci a noi stessi; Paliotti ci esorta a “ricominciare la musica”, a fare musica come atto poetico e politico, e scrivere musica, musica come questa è un atto rivoluzionario; se tutto questo accade, e vi assicuro che è così, la musica di Paliotti assolve al compito più alto e difficile che l’arte possa avere e, in più, è così maledettamente bella e necessaria; se siamo “condannati a vagare sui mari”, allora, almeno facciamolo nel migliore dei modi possibili, inondandoci di bellezza.

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