Una campagna di Gerardo Balestrieri
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CANZONI DI RABBIA E DI GUERRA
Aveva attraversato la soglia mentre io ritiravo il mio piede esitante
Un disco di canzoni che non avrei voluto scrivere.
Perché vorrei cantare l'allegria, la festa e l'abbondanza.
E invece non è tempo.
Ho scritto canzoni di rabbia e di guerra
per le macerie di questi anni.
Anni vissuti nell'angoscia della devastazione
con l'afrore della morte e nessuna attenzione.
tracce
01) 50mila morti
02) Festival
03) Kurtz
04) Neanche una parola in occidente
05) Chissà
06) La paura
07) Si fa presto a cantare d'amore
08) Mare
MUSICISTI
Carlo Di Gennaro: batteria
Daniele Vianello: contrabbasso, basso elettrico
Gerardo Balestrieri: voce, piano elettrico, sintetizzatori, hammond, harmonium, chitarra (03), daf, fisarmonica, sonagli, catene, loop, armonica (07), effettistica, noise, incudine
Pierpaolo Capovilla: voce
Stefano Ottogalli: chitarre classiche, acustiche, dobro, elettriche
Filomena D'Andrea: voce, cori
Massimiliano Sacchi: sax baritono, clarinetto
Antonio Crispino: voce, armonica (03), cori
Michele Signore: mandoloncello
Enrico Masiero: voce, cori
Gianfranco Coppola: violoncello
Massimo D'Avanzo: zourna
Said Chavoshbaran: tombak
Alvise Seggi: oud
Virginio Tenore: cori
musiche,testi, arrangiamenti, produzione artistica, copertina: Gerardo Balestrieri
mixaggio e produzione artistica: Carlo Di Gennaro
Questo album tratta la tematica della guerra e di altre tragedie di quest' epoca.
Non ha nomi, ne' bandiere.
Canta e suona la dinamica del potere e le macerie di questi anni.
Un disco che non uscirà in digitale ( no youtube spotify ecc ) ma solo in cd fisico o file personali HD
RECENSIONI E ASCOLTI PRE MIX in ANTEPRIMA:
https://www.sentireascoltare.com/recensioni/gerardo-balestrieri-canzoni-di-rabbia-e-di-guerra/
Canzoni di rabbia e di guerra
Il quindicesimo capitolo discografico (salvo smarrimenti contabili) di Gerardo Balestrieri arriva nel panorama cantautorale come uno schiaffo. Non è un album semplice, pure se assai immediato, e questo perché la sua immediatezza sembra prodotta da una grammatica di sconcerto di fronte a un tempo carnefice. Balestrieri, figura difficilmente classificabile che da anni presidia le trincee della canzone d’autore con l’imprendibilità di un artigiano e il piglio aspro del polemista, ci consegna Canzoni di rabbia e di guerra: un’opera che, per ammissione del suo autore, è un parto necessario e ineluttabile, estorto non dall’ebbrezza creativa ma dal malessere di un clima teso e minaccioso che sfilaccia la fibra morale della collettività.
Insomma: non è stagione di leggerezza e Balestrieri ne metabolizza l’amaro, rifiutando tuttavia la facile isteria del j’accuse contro simboli e fazioni. L’analisi si concentra sulla sostanza delle rovine, sull’orrore condiviso e sulla condizione delle vittime, la vera e tragica dinamica del potere. La rapidità con cui il progetto è sorto, quasi una reazione istintiva al morso dell’attualità, non si traduce in un suono a pronta presa, anzi la produzione e il mixaggio di Carlo Di Gennaro hanno conferito alle otto tracce un suono fitto e profondo, una tessitura densa che sembra quasi chiedere all’ascolto di posarsi ed esplorare.
Le radici del disco affondano decisamente nella tradizione cantautorale italiana più ortodossa, ma la sua linfa è corroborata da un humus spigoloso e variegato. L’ossatura è un rock essenziale, quasi sferzante, sporcato da inflessioni blues che ne inaspriscono il timbro: il rock di un non-rocker che utilizza il rock perché forma più adeguata per la sostanza. A questo si aggiungono tenui richiami mediterranei che non esitano a deragliare verso improvvisi scarti punk o a ritrarsi nel respiro intimo e fosco della ballata. L’urgenza dei testi è calata su una trama imbastita da un vero e proprio collettivo di quindici musicisti, un’orchestra cangiante che intreccia piano elettrico, synth, fisarmonica e percussioni distopiche, fino all’uso diegetico di sonagli, catene e incudine (!).
Il taglio narrativo, ruvido e diretto, allinea Balestrieri a certo cantautorato rock impegnato ma privo di filtri e accomodamenti: la schiettezza linguistica e il piglio agro con cui si avventura nell’analisi sociale riecheggiano il primo e più aspro Claudio Lolli – quello, per intenderci, ancora poco addolcito dalla rarefazione poetica – mentre il tono caustico e la durezza del racconto, a tratti beffardo, evocano una cifra espressiva in bilico tra Massimo Volume e Vinicio Capossela.
L’incipit è una secchiata d’acqua gelida: 50mila morti, con la collaborazione vocale e autoriale di Pierpaolo Capovilla, è un pugno nello stomaco che definisce il centro (po)etico del lavoro. Si tratta di una denuncia di limpida ferocia che trafigge il cinismo della società dello spettacolo e la nostra patologica (o, se preferite, sistemica) propensione all’indifferenza, sigillata da un verso che suona come un epitaffio collettivo: “morti morti 50.000 morti e non ce ne siamo accorti”. Altro picco di disagio meditato è Si fa presto a cantare d’amore, dove Balestrieri mette l’ascoltatore e se stesso davanti all’immoralità della distrazione, al rifugiarsi nei sentimenti più quieti e tenui quando il dramma divampa sullo scenario collettivo. C’è poi la cavernosa Kurtz, un blues che – nelle parole del suo autore – “scorre tra il Congo e la Cambogia”, il testo ispirato al monologo di Marlon Brando in Apocalypse Now e un piglio farneticante che tende verso l’astrazione waitsiana.
Se Neanche una parola in Occidente insiste sul tema della distrazione implicita al sistema mediatico/spettacolare in sella a un etno-punk corrosivo, La paura è invece una java che ciondola malmostosa nella penombra dell’anima. Detto di una Festival apparentemente fuori contesto col suo approccio ironico nei confronti della kermesse sanremese e della relativa febbre da iper-esposizione, la suggestiva Mare beccheggia in un trepido alternarsi di luce e ombra, la rotta puntata in direzione di una speranza sempre più ipotetica e smarrita.
Da segnalare, infine, la scelta distributiva: l’album non è presente sulle principali piattaforme digitali, ma solo in formato fisico. Un gesto che, nell’attuale fluidità del mercato musicale, restituisce un peso concreto all’opera, rifiutando l’intangibile in favore di una presenza reale e ostinata.
Stefano Solventi
Nei momenti in cui la storia fa sentire il suo peso con maggiore insistenza, quando lo fa diventare quasi una presenza fisica, non lo si può ignorare ma bisogna provare a dargli voce. Ci ha provato, e ci è riuscito Gerardo Balestrieri con Canzoni di rabbia e di guerra: otto brani che rispondono all’esigenza, manifestata nelle note di copertina, di mettere in musica la rabbia che risponde all’ angoscia della devastazione e all’afrore della morte.
Sfilano così tutti i dubbi che sorgono davanti alle atrocità a cui si è costretti ad assistere di questi tempi: il dubbio che ci attanaglia davanti al non sapere se facciamo bene ad aver paura degli altri o sarebbe meglio averne di noi stessi, chissà; il dubbio se il mare ci è amico o nemico, se unisce o se, come dicono in troppi, divide, chissà; il dubbio che ci fa tacere quando siamo sospesi tra la pietà e la condanna, perché voltarsi dall’altra parte è più facile che guardare le cose in faccia, chissà; in un’epoca in cui, più che in ogni altra, la vita ce la si lascia narrare dagli occhi, il dubbio che quello che si vede sia la verità o solo finzione cinematografica, chissà. A compimento, poi, il dubbio più atroce, quello che ci fa dubitare anche della nostra parte, quella dalla quale crediamo di stare, quella dalla quale guardiamo tutte queste cose passare, il dubbio che questa sia proprio la parte giusta o ci stia sfuggendo qualcosa, chissà.
E intanto la vita continua e si fa presto a cantare d’amore, a mandare dei fiori, a rispondere ai sorrisi coi cuori quando forse sarebbe il caso di farsi scuotere, di provare a reagire o magari anche solo a indignarsi se si arriva a pensare che questo mondo ci sembra normale, chissà.
E perché ogni cosa vada riportata al suo giusto valore, anche tenersi lontani dal Festival di Sanremo diventa una forma di resistenza da cui pochi artisti, o presunti tali, riescono a sottrarsi. Anche lì, però, qualcuno potrebbe instillare il dubbio che, sotto sotto, potrebbe trattarsi solo di una forma di snobismo, chissà
Annino La Posta
“Ho avuto il privilegio di ascoltare questo album in anteprima. Un album potente per musica e testi, cosa oggi rarissima. Un album di note e pensieri, un album incazzato, un album di musica che ti riempie l'anima e di testi che ti prendono a pugni nello stomaco. Un album coraggioso, perchè oggi non girare la testa dall'altra parte è un atto di coraggio e ribellione quasi inimmaginabile. Un album che è una nota di speranza in fondo al tunnel della disperazione, perchè fino a quando ci sarà qualcuno che realizza opere così, il vento soffierà sempre sulla fiamma della speranza in un mondo migliore. Grazie Gerardo!”
Francesco Casalino
"Ciao Gerardo! “La musica serve a non sentire il silenzio che c’è fuori” ( J.S.Bach) Un album prezioso che serve proprio a questo."
Carla Sabrina Marenco
“Nella paralisi di questa stanza ...nella paralisi di queste macerie a rompere il silenzio sono la musica ...la voce e le parole profonde e autentiche di Gerardo Balestrieri che questa volta non canta l' amore ...non regala fiori e non infiocchetta parole ...questa volta canta la rabbia ...il dolore ...la paura ...il silenzio colpevole . Ascoltare questo disco ê stato come come riprendere aria nuotando ...consiglio consiglio consiglio consiglio ...grazie Gerardo Balestrieri ...non andare a Sanremo resta con noi a sciogliere i grovigli che abbiamo nel petto”
Nunzia
“Una sera, mesi fa, Gerardo Balestrieri mi disse che sentiva l’urgenza di scrivere queste canzoni. Aveva paura, però — paura che il suo desiderio di dare voce al dolore del mondo potesse sembrare un gesto opportunista. Gli ho detto di farlo. Perché l’arte, soprattutto la musica, serve a questo: a tenere accesa una luce, anche quando tutto brucia. Canzoni di rabbia e di guerra nasce da un tempo ferito, e lo attraversa con la forza poetica e politica di chi sceglie di non tacere. Non è una raccolta di slogan, ma un atto d’amore per la musica stessa che — più della parola — sa arrivare dove serve. Qui potete sostenere il suo progetto, basta poco, io l’ho fatto”
Anna Piperita Benucci
Dopo aver ascoltato in anteprima "Canzoni di rabbia e di guerra", ho pensato che l'album di GB è proprio bello; sì, tanto bello (sia i testi che la musica: "Neanche una parola in occidente", per esempio") quanto necessario. Il disco uscirà a settembre e spero possa avere il riscontro che certamente merita.
Gianluca Casa
...direi che l'ultimo lavoro di Gerardo ha un impatto deciso con una forza emotiva senza precedenti...che il linguaggio utilizzato rappresenti un' imbarazzante commistione tra attualità, politica e opportunità artistica...che negli arrangiamenti, man mano sempre più affinati, si scorgono le sonorità di una melodia sempre più contemporanea dove il suo inconfondibile stile bohemien è saldamente impresso sullo sfondo... tutto ciò appare scontato e già scritto. A mio avviso... "Canzoni di rabbia e di guerra" rappresenta per Gerardo un momento di lotta...anzi dico di più...rappresenta la sua lotta!!!...il suo riconoscersi nella lotta è come opporsi in maniera risoluta e consapevole a quanto accade davanti ai nostri occhi. Il suo modo di prendersi gioco del potere...la sua discrezionalità di porsi verso il mondo con il suo carattere, per certi versi, schivo ma determinato... in questo lavoro prende "note e melodie" in pugno per battersi contro gli oppressori e dire basta! Ecco...il suo coraggio, il suo ardore... devono rappresentare, per tutti coloro che ascolteranno questo disco, un momento di consapevolezza pura di ciò che accade attorno a noi, senza aver paura di urlare al mondo il proprio pensiero e il proprio dissenso. Perché riconoscersi nella lotta non è un momento di opportunismo, come per tanti accade, ma semplicemente un'atavica vocazione alla libertà.
Davide Triggiani
Il nuovo disco di Gerardo Balestrieri è una raccolta di considerazioni emotive, un album d'amore, ma non nell'idea classica o nell'uso comune. Racconta della storia che fa paura per chi la racconta ; storie di bombe, guerre, decadenze culturali, sogni interrotti, disperazioni. Testi duri e concreti ma la musica, la musica che accompagna i testi non è mai disfattista e senza speranza perché la musica di Gerardo non è mai una sentenza ma un respiro di gioia e possibilità.
Annalisa Salzano
È un tempo di macerie, umane e sociali, e Gerardo Balestrieri in “canzoni di rabbia e di guerra” le descrive, le suona e le canta con sonorità sempre sapienti, uno stile cantautoriale di lungo corso, slanci ed evocazioni, a tratti anche con echi volutamente disturbanti; lo fa assieme a tanti compagni di viaggio che aggiungono un colore, un accento, un che di arricchente all’album che si appresta a portare a compimento. Prenotatelo, anche perché questo progetto avrà una sola forma, plasticamente controcorrente, quella materica del cd. Non lo troverete sulle piattaforme, niente virtualizzazione, tutta fisicità. E speriamo che il prossimo album possa raccontare di un tempo con meno macerie o dove sotto le macerie sia cominciato almeno a rispuntare un ciuffo d’erba. La rabbia in fondo non è mai disperante.
Franco Adamo Balestrieri
Mi sento di consigliarvi questo album che uscirà ad ottobre in formato CD. L'ho ascoltato in anteprima e sono rimasto piacevolmente sorpreso sia dalla musica che dai testi. Molto attuale, molto bello, molto legato al nostro animo di cinquantenni in tempo di guerra. Grazie Gerardo Balestrieri. Sono un inguaribile romantico anche se non si direbbe. " Si fa presto a parlare d'amore" la mia preferita. Poi, "neanche una parola in occidente"
Giuseppe Masala






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