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ALARICO - Il Musical

Una campagna di
Alarico - Il Musical

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ALARICO - Il Musical

ALARICO - Il Musical

Campagna terminata
  • Raccolti € 0,00
  • Sostenitori 0
  • Scadenza Terminato
  • Modalità Raccogli tutto  
  • Categoria Teatro & danza
  • Obiettivi
    4. Istruzione di qualità
    16. Pace, giustizia e istituzioni forti

Una campagna di 
Alarico - Il Musical

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Il Progetto

Musical ispirato alla storia del Re Alarico, sovrano dei Visigoti, sepolto assieme al suo tesoro nel fiume Busento. Una rivisitazione in chiave teatrale attraverso il recitato, la danza e il canto della sua storia.

Dopo aver debuttato nella stagione 2018-2019, puntiamo a realizzare un mini tour che possa portarci sui più importanti palcoscenici d'Italia. Questo comporta delle spese, ovviamente. Ti chiediamo supporto per finanziare questo ambizioso progetto, al fine di garantire service, compensi per il cast, vitto e alloggio.

La figura di Alarico: storia e drammaturgia

L’argomento, così come il soggetto dell’opera, hanno carattere storico.

Un personaggio storico come Alarico, che riveste un’importanza molto rilevante per la città di Cosenza, vissuto 1600 anni fa, probabilmente a primo acchito non avrebbe più nulla di nuovo da raccontare, rispetto a ciò che la storia stessa ha già raccontato su di lui.

Storia e vita di un uomo, che tuttavia non è molto nota ai più, se non si prende in considerazione il mistero legato al suo tesoro.

Scopo del progetto, non è quello di sostituirsi ad antropologi e storici. Il recitato, il ballato e il cantato non diventano così strumento di una rappresentazione puramente didascalica e prettamente storica.  Alarico trova la sua forza nel mito. È su questo che poggia l'interesse verso di lui e verso il tesoro con lui sepolto. Questo è il punto di partenza.

Una figura che va trattata con rispetto, ma che non può che essere colorata e condita con elementi che possano spostarla sul piano del romanzato, dal punto di vista drammaturgico, senza mai distaccarsi da ogni forma di veridicità storica riconosciuta.

L’obiettivo quindi è quello di raccontare la vita di un condottiero, spinto dall'ambizione e dal desiderio. Alarico, giovane re germanico cresciuto nel mito di Roma, innamorato e del suo popolo; un sovrano che brama per la sua gente terre e identità, che riesce nel "sogno impossibile" di conquistare la Capitale dell’impero. Non un “barbaro invasore”, come è stato spesso etichettato. Bensì un precursore di quell’Europa unita fatta di popoli, prima che di nazioni. Un arcaico esempio di vera integrazione.

Un’opera nata dopo attenti studi su fonti storiche ufficiali e aneddotica che hanno portato alla luce aspetti meno noti del re visigoto, che hanno fatto riscoprire in lui un personaggio tutt'altro che "barbaro". E sotto l’aspetto drammaturgico si struttura la figura di un sovrano  leale, disposto anche a trattare senz'armi, innamorato di Roma e della sua cultura e proprio da Roma più volte tradito. Ne viene fuori la figura di un eroe complesso e pragmatico, un personaggio capace di attirare a sé l’interesse del pubblico.

Sinossi

Alarico è un ambizioso condottiero visigoto. Dopo numerose battaglie vinte a fianco dei romani e dell’imperatore Onorio, desidera ricevere da questi il titolo a lui promesso dal suo predecessore (magister militium dell’Impero). Titolo e privilegio che però non gli viene concesso da Onorio, che considera i goti soltanto una schiera di grezzi individui da sottomettere e schiavizzare.

Alarico incomincia così a coltivare un forte senso di rivalsa nei confronti di Roma e di chi lo ha offeso e tradito. 

Proclamato re dei Visigoti, inizia una interminabile campagna militare contro le truppe romane, fronteggiando (spesso con insuccesso) le truppe comandate dal generale Stilicone, avversario che tuttavia riconosce nel re visigoto abilità di stratega e condottiero fuori dal comune.

Le sconfitte non fanno demordere Alarico, che con tenacia e con l’aiuto dei suoi compagni Ataulfo e Baltica, amici di sempre, riuscirà a compiere un’impresa mai riuscita a nessun altro sovrano e esercito: saccheggiare e piegare Roma.

L’aver realizzato la propria ambizione e una febbre malarica che lo colpirà, porterà Alarico ad affrontare il proprio io, la sua sete di gloria e il porsi davanti al proprio destino.

Dopo la sua morte, quanti a lui sopravvivranno, si porranno il grande dilemma su quella che dovrà essere la sua sepoltura.

Bibliografia e fonti varie

- Giorgio Ravegnani - La caduta dell'Impero romano

- Jordanes -  Storia dei Goti (a cura di E. Bartolini)

- Vittorio Vecchione – Alarico

- Massimiliano Ghilardi, Gianluca Pilara – I barbari che presero Roma

- History Channel - Roma il Trionfo e la Caduta Roma a Ferro e Fuoco

- Vittorio Vecchione -  Dove sono la tomba e il tesoro dei I re dei goti Alarico?

Note di regia 

            “Alarico – Il Musical” è un’opera ambiziosa. Liriche, musiche, danze che si fondono in modo artisticamente alchemico per dar vita ad un prodotto teatrale nuovo e originale.

Dar forma e sostanza ad un personaggio storico e trasportare quella che è stata la sua vita sul palcoscenico non è mai semplice o per lo meno richiede accorgimenti ed espedienti molto più complessi e particolareggiati rispetto al normale. Per di più se tale personaggio, come Alarico, trova la propria collocazione storiografica in contesti non solo lontani nel tempo, ma scarsamente supportati da contenuti documentali che ne attestino le connotazioni, fisiche e caratteriali. Non la si può dunque leggere in chiave semplicistica basandosi soltanto sulla leggenda legata al più grande tesoro dell’antichità, la cui fine rimane velata dal mistero.

            Essere l’autore di questo musical, oltre che curarne la regia, mi ha consentito di lavorare in una direzione univoca, cercando di riportare in scena quello stesso Alarico generato da carta e parole: un folle sognatore, un uomo nobile e ambizioso, innamorato del popolo che lo ha acclamato e proclamato re. Un uomo innamorato di Roma e della romanità, una vita avvincente, pregna di conflitto, ma anche di consapevolezza.

E il destino di Alarico muove i fili dell’intera rappresentazione. Un’opera pop rock, divisa in due atti nettamente differenti l’uno dall’altro: il primo, dinamico, fondato sull’azione pura, sull’incalzare di ogni situazione; il secondo, molto più introspettivo, struggente.

Un’altalena di emozioni differenti che legano a loro volta i personaggi alla storia, ognuno con la propria complessa personalità, ognuno con la propria di storia, gloriosa o drammatica che sia. Tutto inanellato da un’alternanza di situazioni variegate: le battaglie, l’attaccamento al proprio popolo, l’amore, il tormento, la gloria, l’amicizia, la morte.

            Le musiche danno vigore ad ogni aspetto e situazione rappresentata. L’impronta rock è forte e prevalente, ma non mancano accenni di elettronica e ballad più romantiche nelle scene che richiedono maggior pathos emozionale.

            Le coreografie con i danzatori che le interpretano, enfatizzano il tutto all’estremo, spostando l’azione su un piano più coinvolgente per lo spettatore. La diversa formazione e i diversi stili dei membri del corpo di ballo, rappresentano un valore aggiunto e non rendono mai banale i quadri danzanti rappresentati. In questo modo gli stili moderno e contemporaneo, si mescolano al latino, così come alle danze tribali e all’hip-hop.

            La scenografia è semplice e funzionale allo scopo e alla volontà di dar maggiore risalto e centralità ai personaggi e ai danzatori, al di là di qualunque tipologia di artifizio scenico. Questo perché la spettacolarità o meno di ogni scena deve innanzitutto basarsi sull’interpretazione, sulla mimica, sull’estensione vocale, sulla corporalità e il movimento. Sono tuttavia presenti espedienti e contaminazioni di modernità, utili però a rafforzare questo concetto. Così come l’utilizzo della luce e il concepimento di un supporto illuminotecnico che possa suscitare con naturalità e semplicità la meraviglia nello spettatore.

            In questo tempo di preparazione, dalla stesura del testo alla composizione delle musiche, fino all’allestimento e messa in scena del tutto, una domanda è stata posta più e più volte, sia a me che ai miei compagni di viaggio: «Perché realizzare uno spettacolo su un barbaro invasore». Domanda che da parte di tutti ha ricevuto la stessa unica e univoca risposta: «Perché Alarico non era un barbaro invasore».

Questo è quanto sono riuscito ad evincere dagli studi e dalle ricerche che ho intrapreso prima di approcciarmi alla stesura del libretto. Ed è questo che la narrazione dell’opera anela. Ovvero, restituire e dare valore ad una figura storica complessa, ma al contempo affascinante. Un uomo e il suo desiderio di grandezza, la ricerca spasmodica della gloria e dell’eternità, scaraventata nell’abisso della rovina. Una Roma retta da burocrati e lussuriosi reggenti, ben lontana dai fasti imperiali, dalla Roma di Cesare e Marco Aurelio. Una Roma che restava tuttavia un simbolo di grandezza e maestosità. E proprio lui, un uomo venuto dalle terre germaniche, capace di unire sotto la propria egida popoli oppressi, l’obiettivo di dar radici e terra ad un popolo, educandolo agli usi e ai costumi della romanità, consacrando la sua stessa vita a questo ideale. Un esempio di vera integrazione, se la si vuol vedere in quest’ottica. In fondo – come raccontato nel brano cardine dell’opera “L’Immortalità” - è lo scopo di ognuno: ambire a qualcosa che possa farci ricordare in eterno, che possa darci vita oltre la vita. Una vita e il fluire di essa, segnata per Alarico dallo scorrere di un fiume, iniziata con il primo vagito emesso sulle rive del Danubio, e conclusasi esalando un ultimo respiro sulle sponde del Busento.

Un cast composto da otto attori e un corpo di ballo formato da venti ballerini rappresenterà quanto dettagliato finora, dando ad esso forma ad un’anima sì plasmata, ma in continuo divenire, come un fiume che scorre.

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