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Chi siamo:
Siamo Silvia e Alberto e viviamo a Roma.
Abbiamo conosciuto Reza, il giovane afghano che vive con noi, grazie ai volontari che ce lo hanno presentato. Entro dieci giorni sarebbe dovuto uscire dal centro di accoglienza, ritrovandosi per strada. Ci ha fatto da subito una buona impressione, tanto che abbiamo preferito dire già il giorno del primo incontro che lo avremmo accolto, senza approfittare del periodo di riflessione previsto prima di prendere una decisione.
Di fatto abbiamo rapidamente registrato un cambiamento nella timidezza spaurita del primo incontro. Prima di tutto Reza ha cominciato a sorridere, a prendere un altro po' di un cibo che gli era piaciuto senza attendere che glielo offrissimo, a mettere in ordine la cucina quando la sera dopo cena la lasciavamo in parziale disordine. Si è offerto di accompagnarmi a fare la spesa portandomi le borse, e piano piano il sorriso è stato tramite di complicità, via via che si rendeva conto dell'appoggio e della sincera amicizia che gli garantivamo. L'apprezzamento per la scoperta che compravo un formaggio per la sua colazione perché mi aveva raccontato che in Iran era sua abitudine mangiarlo, il sentimento di sicurezza acquisito vedendo che mio marito Alberto lo sosteneva e accompagnava per risolvere i problemi burocratici e sbloccare il pagamento del tirocinio da lui effettuato. Ha conosciuto alcuni nostri amici, è venuto a pranzo da amici nostri il giorno di Pasqua, una sera siamo andati assieme a casa di altri per una cena e un film...
Insomma tutto bene, solo che il budget familiare arriva a malapena a fine mese, tagliando altri costi che però sono ad esempio le rate del condominio. Le nostre entrate consistono nella mia pensione di insegnante e nelle entrate del commercio di magliette fatte da mio marito serigrafo. E purtroppo il piccolo commercio è oggi penalizzato dalla crisi in cui viviamo. Ecco perchè saremmo contenti di ottenere un piccolo aiuto che ci permetta di sostenere le spese.
Il nostro ospite Reza:
Reza BAKHSHI, di etnia hazara, a sei anni è scappato dall'Afghanistan con la mamma e il fratello maggiore dopo che i Talebani gli avevano ucciso il padre. Si sono rifugiati in Iran, dove Reza ha studiato fino alla scuola media perché per i rifugiati non è facile andare anche alle superiori. Ha lavorato come operaio tessile: cuciva a macchina abiti da donna tradizionali. A diciotto anni ha deciso di andarsene in Svezia e di lasciare mamma e fratello maggiore, che oggi è sposato con tre figli e fa il giardiniere. È partito in macchina fino alla Grecia attraverso la Turchia e dalla Grecia in barca fino all'Italia. È riuscito ad arrivare in Svezia dove lo hanno messo in un centro di accoglienza assai confortevole (rispetto ai nostri) ma poi mandato via perché aveva lasciato le impronte in Italia. Rientrato a Torino ha dormito per strada per una ventina di giorni non trovando né lavoro, né alloggio.
Successivamente è entrato in un centro di accoglienza vicino ad Avellino dove ha cominciato a studiare l'italiano e nel 2013 ha preso il diploma di scuola media. Ha continuato gli studi di italiano a Roma raggiungendo il secondo livello. In seguito ha frequentato un Corso di formazione per la figura professionale di “Addetto Servizi di Ristorazione Collettiva Veloce e Bar”.
Da dicembre 2014 a dicembre 2015 ha lavorato all'Illy caffè la Dolce Vita nel Centro commerciale Roma Est come addetto sala bar. Nel frattempo era ospitato in un centro d'accoglienza sulla Casilina. In gennaio 2016 ha anche lavorato in un cantiere fino a metà febbraio.
Il suo sogno sarebbe:
- tornare in Afghanistan se la guerra finisse
- trovare lavoro come aiuto cuoco dopo un tirocinio ad hoc
- trovare lavoro come addetto sala bar
- trovare lavoro
Messi in ordine di soddisfazione personale.
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