Inuit è un obiettivo
che punta dove solitamente
il pubblico non posa lo sguardo.

Inuit è un associazione nata il 19 giugno 2013 grazie al contributo della Regione Puglia nell’ambito del programma Principi Attivi 2012. Il suo obiettivo è l’organizzazione di eventi, attività culturali e workshop formativi gratuiti attraverso i quali offrire la possibilità a comunità, singoli individui e minoranze sociali di formarsi all’uso etico e al ruolo emancipativo del mezzo audio-visuale.

Con le nostre attività intendiamo perseguire diversi scopi:

dare la possibilità a individui o gruppi sociali che si percepiscono come minoranze discriminate di auto-rappresentarsi attraverso il mezzo audiovisivo;

favorire la conoscenza dell’Altro attraverso lo strumento del racconto;

diffondere la cultura del documentarismo antropologico emico attraverso attività di ricerca, formazione e diffusione dei contenuti;

contribuire alla crescita della settore (e della cultura) audio-visuale in genere, sostenendo contatti fra persone, enti ed associazioni;

proporsi come luogo di incontro e di aggregazione in cui abbiano cittadinanza gli interessi a favore dei più deboli e degli emarginati;

proporsi come punto di riferimento di quei soggetti che possano trovare, nelle varie sfaccettature ed espressioni della cinematografia documentaria, una risposta alla propria condizione di discriminazione e un riconoscimento della propria identità.  

Vogliamo (far) raccontare delle storie

Ai beneficiari delle nostre attività offriamo la possibilità di realizzare un prodotto filmico, al cui interno, oggetto della narrazione e punto di vista coincidano nella stessa persona o gruppo di persone.
I partecipanti ai nostri laboratori, con i quali entriamo in contatto grazie alla collaborazione con realtà sociali presenti e attive sul territorio pugliese, sono donne e uomini con vissuti tra loro diversi, ma accomunati dall’essere stati messi, in diversi modi e per diverse ragioni, ai margini della società.

Il nostro fine, artistico e sociale al tempo stesso, è di ribaltare questo meccanismo, portando all’attenzione del pubblico le loro storie attraverso un racconto espresso in prima persona, non filtrato dalla visione stereotipante che un qualsiasi osservatore esterno, inevitabilmente, porta con sé.