Una campagna di Edizioni Arcoiris
ContattiInserisci il tuo indirizzo email: ti invieremo una nuova password, che potrai cambiare dopo il primo accesso.
Controlla la tua casella email: ti abbiamo inviato un messaggio con la tua nuova password.
Potrai modificarla una volta effettuato il login.

Il tuo contributo servirà a sostenere un progetto ambizioso. Scegli la ricompensa o la somma con cui vuoi sostenerlo e seleziona il metodo di pagamento che preferisci tra quelli disponibili. Ti ricordiamo che il progettista è il responsabile della campagna e dell'adempimento delle promesse fatte ai sostenitori; sarà sua premura informarti circa come verranno gestiti i fondi raccolti, anche se l'obiettivo non sarà stato completamente raggiunto. Le ricompense promesse sono comunque garantite dall’autore.
Il progetto di finanziamento su Produzioni dal basso ha lo scopo di raccogliere i fondi necessari a coprire le spese di traduzione, pubblicazione e promozione di un romanzo del grande autore costaricano Max Jiménez.

Apprezzato in vita da Gabriela Mistral, David Alfaro Siqueiros, Alfonso Reyes, César Vallejo e Miguel Ángel Asturias, a lungo dimenticato dopo la morte e riscoperto in Costa Rica sul finire del secolo passato grazie a mostre dei suoi quadri e delle sue sculture e a riedizioni dei suoi libri, Max Jiménez (1900-1947) è ad oggi un tesoro nascosto della letteratura ispanoamericana. Scrittore, giornalista, pittore, scultore e mecenate, Jiménez con le sue opere ha rappresentato l’ingresso delle avanguardie artistiche nell’asfittico panorama costaricano degli anni Venti e Trenta del Novecento. Troppo innovativi per essere compresi al momento della loro pubblicazione, testi narrativi come il pirandelliano e scandaloso Unos fantoches… (1928), ritirato in fretta e furia dalle librerie dietro pressione di figure dell’alta borghesia che si erano riconosciute nei personaggi, il delirante e satirico El domador de pulgas (1936) o l’allucinato e grottesco El jaúl (1937) (questi ultimi due illustrati dalle suggestive xilografie dello stesso autore) criticano ferocemente la società costaricana del tempo, rompono con le convenzioni ribellandosi al realismo vigente in quegli anni e dialogano con le più audaci narrazioni di Macedonio Fernández, Roberto Arlt, Pablo Palacio o Felisberto Hernández.

Alcuni critici considerarono El jaúl un frutto tardivo del Naturalismo, ma in realtà, come sostiene Juan Durán in un suo articolo, quest’opera è totalmente proiettata verso il futuro e spicca per “l’originale processo di elaborazione narrativa”. Sebbene si mostri molto attento a ricreare la parlata dei contadini costaricani, Jiménez non è minimamente interessato a rappresentare in modo oggettivo la società rurale. Il paese di San Luis de los Jaules, con i suoi personaggi sradicati e fuori controllo, non è un luogo reale, ma una metafora del Costarica, forse dell’intera America Latina, e anticipa semmai altri celebri paesi inventati (Comala di Rulfo, Santa Maria di Onetti, Macondo di García Márquez).
Nel suo Diccionario de autores latinoamericanos, César Aira scrive che El jaúl è il libro più bello di Jiménez e aggiunge che si tratta di “un insieme di racconti o stampe telluriche di una sordidezza espressionistica, quasi sempre allucinante”.
César Vallejo, in una lettera indirizzata a Jiménez: “Ho avuto il piacere di leggere alcuni suoi articoli davvero belli. Non ha mai pensato di lasciare la scultura per la letteratura? Non mi sorprenderebbe scoprire che nel suo spirito palpita un grande poeta del verbo, dal momento che lei lo è già in materia di granito e di taglio diretto”.
Miguel Ángel Asturias: “Jiménez è l’artista centroamericano che, per il valore espressivo dell’opera, ha lasciato la traccia più profonda nella mia generazione. E mi riferisco alla sua poesia, alla sua narrativa, alle sue incisioni e alla sua pittura. […] Max è stato veramente un artista grande, monumentale, resistente al tempo e all’oblio”.
Commenti (0)