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DEAD MAN WALKING. No alla Pena di Morte
© 2017 Alessandro Lisci - SIFAL
Video della conferenza stampa con Sergio D'Elia, Pino Nazio , Emilio Leofreddi e Alessandro Lisci
infoline +39 3316379346 - alessandrolisci@yahoo.it
Giovedi 2 Novembre 2017 prende il via ufficiale, con uno shooting, la campagna internazionale contro la pena di morte in USA “DEAD MAN WALKING. No alla Pena di Morte in USA”, progetto fotografico di sensibilizzazione sulla condanna della pena di morte in USA.
DEAD MAN WALKING. No alla Pena di Morte in USA, è stato ideato dal fotoreporter Alessandro Lisci, noto per le sue numerose campagne fotografiche legate a temi sociali controversi e scottanti.
Si tratta di un workin progress che ha coinvolto cinquanta persone che per prime hanno deciso di lasciarsi fotografare per testimoniare la loro adesione a questa causa, e il pubblico della rete grazie ad una piattaforma multimediale dove il dibattito si è allargato.
Accanto all’esposizione dei ritratti di grande formato che raffigurano uomini e donne lasciate volutamente nell’anonimato, verrà allestito un set fotografico, un altro luogo partecipato dove i visitatori potranno firmare questa petizione di civiltà e umanità lasciando i loro sguardi.
Conferenza stampa
infoline +39 3316379346 - alessandrolisci@yahoo.it
Mercoledì 8 Novembre
ore 18.30
c/o Antica Falegnameriadi Testaccio,
via Amerigo Vespucci 45
con
Ester Palma, giornalista
Pino Nazio, giornalista e scrittore
Sergio D'Elia, Nessuno Tocchi Caino
Emilio Leofreddi, artista
Alessandro Lisci, fotoreporter
Con l'occasione verrano distribuiti 500 manifesti per il FLASH MOBBING urbano-glocale del 21 Novembre 2017, contro la pena di morte in USA, creando cosi una rete di luoghi e persone fisiche che si incontrano per condividere il dibattito nella piattoforma virtuale www.deadmanwalking.info al fine di studiare nuove e più efficaci strategie d'intervento per boicottare la condanna ed esecuzione a morte in USA.
Durante il Flash Mobbing del 21 Novembre 2017 verranno distribuiti altri 500 manifesti per il successivo FLASH MOBBING dove una installazione vivente farà da epicentro e che si svolgerà in data e orario comunicati a mezzo stampa con 48 di anticipo.
Contemporaneamente verrà presentata a Testaccio la mostra fotografica che raccoglie tutti i contributi sinora lasciati dai partecipanti e in cui il peso delle immagini è affidato a pose che volutamente si richiamano alla tradizionale iconografia del ritratto e ai forti contrasti del bianco e nero: luci e ombre, in cui sembrano trovare spazio le paure più profonde dell’uomo che solo di fronte alla morte ripensa al valore della vita. Questa condizione irrazionale trova una sua concreta rappresentazione nell’installazione dell’artista Emilio Leofreddi, che espone Contact, 1993 una sedia elettrica ideata per un’altra campagna di sensibilizzazione sullo stesso argomento. La macchina di giustizia, o meglio di tortura, è ripresa dall’operaBig Electric Chair, 1967-1968 di Andy Warhol che, alla fine degli anni Sessanta, sente il bisogno di far emergere le contraddizioni sociali e culturali della democrazia americana.
Ma può esistere uno strumento che oggettivamente garantisca una giusta applicazione della condanna capitale? Dalla lapidazione, crocifissione, decapitazione, impiccagione ghigliottina, fucilazione…la lista si allunga e si giunge alla fine dell’ Ottocento con la “rivoluzionaria” sedia elettrica sostituita negli anni Settanta dall’ iniezione letale, un anestetizzato rito chirurgico, dove l’ipocrisia del sistema punitivo raggiunge la sua massima atrocità. Sotto l’apparenza di una serena morte si celano atroci esperimenti farmacologici e gli esecutori, quelli che una volta erano chiamati carnefici sono completamente deresponsabilizzati, ridotti ad un inconsapevole ingranaggio della macchina della morte.
Il comandamento Non uccidere è dunque solo un monito per gli assassini o anche per chi deve applicare la legge? In nome di una tutela sociale a favore della “felicità dei più” è giusto “uccidere legalmente” ? La pena per un omicidio è giusto che ripeta la stessa atrocità? O come sostiene Umberto Galimberti “Per il condannato la vera condanna è il senso di colpa” che deve essere accompagnato da un processo di consapevolezza finalizzato all’espiazione?
La battaglia contro la pena di morte è l’espressione di un cammino di emancipazione culturale, a cui l’arte offre il suo contributo grazie all’esperienza estetica che permette di interagire con la follia del gesto criminale e di condividere empaticamente la violenza della pena, superando imprudentemente la soglia della ragione per toccare la tragedia umana senza conseguenze, riacquistando lucidità e consapevolezza.
La mostra fotografica termina con un dibattito aperto: un’occasione per continuare a dialogare, a confrontarsi e a riflettere.
Testo critico di Simonetta Baroni
Si ringraziano il fotoreporter Luca Rinaldini e Sergio Tosi Prem Singh per il sotegno economico nella precedente campagna di raccolta che ha reso possibile la realizzazione della piattaforma mulitmediale www.deadmanwalking.info utile per il dibattito in rete.
L’accesso alla gallery è riservato ai sostenitori del progetto.
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