oppure

Registrati con il tuo indirizzo email

Oppure, solo se sei una persona fisica (NO azienda/associazione), puoi scegliere anche di registrarti con i social:

Inserisci il tuo indirizzo email: ti invieremo una nuova password, che potrai cambiare dopo il primo accesso.

Ricordi la tua password?

Controlla la tua casella email: ti abbiamo inviato un messaggio con la tua nuova password.
Potrai modificarla una volta effettuato il login.

Brevis fabulis - novelle briciole

Una campagna di
Guido Bertorelli

Contatti

Una campagna di
Guido Bertorelli

Brevis Fabulis - novelle briciole

Brevis fabulis - novelle briciole

Campagna terminata
  • Raccolti € 220,00
  • Sostenitori 5
  • Scadenza Terminato
  • Modalità Raccogli tutto  
  • Categoria Libri & editoria

Una campagna di 
Guido Bertorelli

Contatti

Il Progetto

Oltre cento racconti brevi, brevissimi, alcuni più corti di una pagina.

Una polpa compressa di eventi, pensieri, dialoghi e sensazioni, personaggi umani e disumani.

Il succo può essere grottesco, disgraziatamente comico o spassionatamente drammatico, c'è del realismo e c'è del surrealismo, del superfluo e dell'essenziale, un pò di fantascienza un pò di satira, abbondante cinismo e un pizzico di sentimento.

Si parla poco di tutto e tanto di niente, lo stile varia a seconda di cosa è narrato e ad ogni fine rimane un languorino di curiosità: Chissà cosa verrà dopo..

L'autore, sottoscritto, è uno scrittore/fumettista ventottenne con poche prospettive e troppa immaginazione. Da qualche parte la mia fantasia doveva trovare uno sfiato, ed è così che sono nati questi racconti brevi, brevissimi. La loro brevità deriva da un'autoimposizione. Essendo io terribilmente prolisso, un paio d'anni fa mi sfidai a concludere tutte le storie che mi saltavano alla mente nello spazio ristretto di una pagina word. Non importava se la storia mi stava affascinando o era pronta a decollare come romanzo, arrivato a quel limite la risolvevo lì. Ecco perchè alcune sembrano più delle barzellette con un finale a sorpresa ed altre solo un espressione di un idea che mi svolazzava nel cranio. Ciònonostante, il risultato è, a detta di tutte le cavie a cui li ho sottoposti, piacevole e spassoso alla lettura.

Pian pianino, in questi tempi di amara disoccupazione, mi sto dedicando a trasformare queste novelle in fumetti e spero, prima o poi, di rendere questa raccolta di novelle una bizzarra e variopinta graphic-novel. Per il momento però, essendo comunque un prodotto completo in forma di libro, ho provato a sottoporlo a varie case editrici ed editori, col risultato di ricevere un numero sconsiderato di proposte di pubblicazione a pagamento. Non avendo il becco d'un quattrino, ho deciso di tentare la sorte col crowdfunding per procedere all'autopubblicazione..

Bè, la storia è più o meno questa. In coda vi allego un paio di novelle, enjoy!


PROTAGONISTA

Durante l’estremo apice afoso d’un pomeriggio estivo, cominciai ad intagliare una storia con la mia stilografica di pelle d’abete.
Il suo succo color pece inziò pigramente a comporsi in parole, le parole in frasi e le frasi coagularono  paragrafi, dissanguandosi in un susseguirsi di pagine.
La storia non era un granchè, ne ero consapevole, eppure provavo per istinto la sensazione che tra le sue righe portasse dentro qualcosa di bello. Qualcosa che poteva farla crescere, diventare grande e robusta, degna d’essere spogliata da sciami d’occhi leggenti.
La storia procedeva bene, ma erano ormai troppe ore che mi ci stavo sforzando sopra. Cominciai a sentire le sinapsi sudare, arruginirsi ed infine cigolare. L’intera materia grigia d’un tratto scricchiolò, come capita a questo vecchio parquet, che spesso si lamenta sotto il peso d’uno dei vecchi armadi o se la piglia con quel fannullone del comodino. Le idee andarono in corto e vidi vuoto.
Ripresomi, decisi fosse ora di lasciare che la mia concentrazione si stiracchiasse un poco.
Uscii dalla mia soffitta infilandomi uno scomodo giaccone di due taglie più largo, a cui purtroppo ero terribilmente affezionato. Scesi i gradini due a due poi, preso dalla smania d’uscire, raddoppiai i multipli e li feci quattro a quattro. Fu proprio all’ultimo quartetto che il mio piede si divincolò dalla giuntura della caviglia e sfuggì all’appoggio dello scalino. Caddi malamente, cozzando contro il ruvido selciato del reale, piastrellato di ottuse congetture e pregiudizi.
Quando rinvenni, sbatacchiato ma incolume, mi frugai nelle tasche per un controllo. Tastai invano, perchè lì mi accorsi di aver perduto l’ispirazione. Eppure.. ce l’avevo, mi dissi. Son certo di essere uscito di casa e di avercela avuta appresso, senza ombra di dubbio! Ispezionai il pavimento e risalii a ritroso tutti i sessantotto gradini che mi separavano dall’uscio del mio appartamento. Scrutando in ogni minima fessura, non trovai nulla. L’avevo irrimediabilmente perduta.
Non potendo fare altro, abbandonai la storia all’angolo d’un anonimo marciapiede. Mentre m’allontanavo la sentivo frignare e uggiolare, faceva pena da morire, mi si strinsero le curve dell’intestino aggrovigliandosi in nodi rattrappiti, indistricabili persino per il più esperto dei marinai.
Continuai comunque a correre sino a che la storia non fu in bilico dietro l’orizzonte alle mie spalle. Quando poi ci cadde dietro, rallentai e presi a camminare normalmente, asciugandomi acri lacrime d’inchiostro. Sapevo che ormai non c’era più nulla che potessi fare per lei, era inutile continuare ad illuderci entrambi.
Tentai di riprendere la mia vita da dove l’avevo lasciata, ma la storia riuscì a ritrovarmi. Aveva buon fiuto per gli autori. In principio la scacciai gentilmente, però, all’ennesima volta che la sentii aggrapparmisi al braccio, sbavando per farsi sfogliare, reagii brutalmente.
Eppure, neanche queste maniere barbare riuscirono a demolirne lo spirito. Non poteva sopportare l’idea di rimanere incompiuta. Fece allora un balzo, e in un impeto di voracità letteraria mi inghiottì in un sol boccone.
Pur di proseguire, la storia cominciò ad accadermi. Ne divenni protagonista obbligato.
Fui forzato a percorrerne le vicende, vagabondando alla cieca nei suoi cartacei intestini.
Intrappolato all’ interno, nella sua gabbia di eventi, non potei fare altro che viverla, aspettando che finisse.

TERRORE
Nessuno, neanche il più impavido tra noi era pronto ad affrontare quell’improvvisa minaccia.
Ci piombò addosso con la furia di un esercito barbaro, senza che potessimo minimamente aspettarcelo, senza aver tempo per reagire, senza riuscire a pregare o piangere o fare entrambi.
L’orrore colpì le prime file, che stramazzarono al suolo nei tormenti mentre le retrovie tentavano invano di disertare. Furono tutti colpiti, e in tempo zero l’intero plotone era infetto.
Il vaccino emotivo che ognuno di noi s’era fatto sparare in vena qualche settimana prima risultò inefficace.
Quasi all’istante, i contagiati subivano febbri violente, stomaco a puttane, ragionamento annebbiato e demenza. Si stava male, a guardarli.
Gli arcieri nemici scoccarono senza pietà, giorno e notte, notte e giorno, così per mesi e mesi e mesi.
Il battaglione 37, il mio, fu il primo in cui si sparse il virus. Da lì in poi, tutti gli altri.
Eravamo rimasti senza difese.
Le armate di Cupido non risparmiavano nessuno.
“Amate!” urlavano da sotto i loro ghigni crudeli, “Amate ed Amatevi!” sbraitavano senza un briciolo di pietà.
L’Amore stava trionfando e i nostri scudi cedevano ogni giorno di più.
Il cielo si stava colorando gradualmente di splendori acrilici e nubi acquerellate fluttuavano serene, esibendo quegli strazianti sorrisetti tracciati a pastello. Le visioni ci tormentavano, eravamo tutti preda dell’illusione. Innamorati senza via di scampo.
Finchè, come una grazia di dio, venne inventata la Delusione Romantica Esponenziale, un’arma in grado di reprimere qualsiasi patologia virale dell’Amore.
La DRE infondeva una salvifica psicosoluzione contro i drammatici problemi dell’infatuazione aggravata, tra cui: tristezza inconsolabile, apatia esistenziale, nichilismo cosmico, pianti a dirotto, perdita di fiducia, inesistente motivazione vitale, stima in se stessi preda di  implosioni irreversibili, la conseguente morte del futuro e, per finire, tutto ciò che portava sull’orlo dell’autodistruzione, parziale o totale.
I nostri soldati furono così in grado di scacciare le fagocitanti melensaggini di cui erano pregni e schiacciarle sotto il peso della disillusione.
L’Amore era fottuto.
Senza più nessuno a dargli corda, più nessuno disposto a crederlo reale, iniziò a perdere potenza ai reattori del sentimento. Gli arcieri non trovavano più la mira, sfrecciavano a casaccio, privi di pathos nei serbatoi.
La pace era sull’orlo della fine, e finì.  
Un’alba d’autunno, le truppe nemiche si ritirarono con lacrime silenti ed il cielo tornò ad essere grigio e rassicurante.
Eravamo tornati liberi.
Finalmente liberi di odiarci di nuovo.
Fu così che la guerra cominciò.

SCELTE

Mi sveglio, alzandomi dal letto scivolo su qualcosa di umido, è latte, il gatto deve avere di nuovo problemi di stomaco, faccio una colazione leggera con uno yogurt magro privo di grassi e di sapori, sento un gran rumore venire dall’alto, sembra che il tizio di sopra abbia fatto cadere un mobile, oggi non devo distrarmi, non devo fare tardi, decido di farmi la doccia ma il boiler ha poca acqua calda, finisco di  sciogliermi dal  bagnoschiuma sul lavandino, esco di casa in ritardo vestito con una t-shirt a brandelli e dei vecchi pantaloncini militari, una secchiata d’acqua di proporzioni cataclismiche si sta svuotando, corro con gli occhi chiusi, attraverso le strisce pedonali, la pioggia mi rovina in faccia, una bicicletta scivola, un’auto la evita, accelera e sbanda sfondandomi la cassa toracica contro un palo, finisco di vivere.

Mi sveglio, alzandomi dal letto scivolo su qualcosa di umido, è latte, quello stupido gatto avrà sboccato di nuovo, fanculo, merda, se il nervoso si vede dal mattino questa sarà una giornata davvero di merda, ho lo stomaco chiuso, non riesco a fare colazione, esco dal portone e dal cielo sovraccarico arriva un tuono che sembra una bombardata, arrivo all’incrocio con il semaforo, cominciano le prime gocce, lo sapevo, giornata di merda, almeno sono in anticipo e ho tempo di provvedere, torno verso casa, sull’uscio le chiavi mi cadono, coi guanti non riesco a raccoglierle, diomerda, rientro, piglio l’ombrello, esco sotto il diluvio, merda, adesso sono ancora più in ritardo, mentre cammino vedo un incidente in diretta, una bici scivola, un’auto sterza e si schianta contro un palo, accidenti che botta, vado a vedere come sta il conducente, quello in bicicletta si rialza e scappa via come un salmone sotto una cascata, non gli ho visto la faccia, la ragazza che stava alla guida sembra ridotta male, farnetica, mi tira uno schiaffo poi storce gli occhi e sviene, la porto in ospedale, mi chiedono se sono parente, dico di sì, resto con lei fino a quando riprende i sensi, ci parliamo, ridiamo, settimane dopo per caso rimaniamo soli in ascensore, lì per la prima volta ci baciamo, quattro mesi e siamo sposati, un figlio, poi un altro, poi divorzio, divisione dei beni, rancori, tragica perdita del figlio maggiore, riconciliamento, ictus, lapide.

Mi sveglio, alzandomi dal letto scivolo su qualcosa di umido, volo, la scatola cranica si apre contro lo spigolo del letto, una settimana di coma, tre mesi per riacquistare l’uso degli arti superiori, otto per quelli inferiori, il primo giorno che esco dall’ospedale prendo la decisione di passare il resto della mia vita per mare, il giorno seguente faccio le valige, chiamo un taxi e nessuno mi vedrà mai più.

Mi sveglio, sento odore di latte, guardo il pavimento e vedo una macchia bianca, decido di portare il gatto immediatamente dal veterinario, chiamo al lavoro e dico che mi prendo un giorno di malattia, faccio una colazione abbondante con latte e muesli, esco col gatto in braccio, un tuono fortissimo lo fa schizzare via come un razzo, inizia a piovere, lo inseguo per un po’ poi ne perdo le tracce oltre un recinto, cazzo, era il gatto di mia nonna, ci sono affezionato, decido di non gettare la spugna e mi lancio oltre il cancello, sembra tutto abbandonato, provo a sfondare una finestra ma i vetri mi squarciano la mano e un allarme comincia a tuonare, sto perdendo un sacco di sangue, la polizia mi raccoglie che sono svenuto a faccia in giù con le gengive sul cemento, mi sbattono in galera e vengo accusato di stupro, l’aggressione era avvenuta poco prima nella stessa zona, la stuprata è figlia di potenti senzafaccia, vengo incarcerato senza regolare processo con una condanna di ergastolo ma, dopo otto anni e tre tentativi di fuga mi impicco al tubo della doccia.  

Mi sveglio, decido che oggi sarà una bella giornata poi apro gli occhi, scendo dal letto ed evito una macchia di latte, prendo dello scottex e nel pulirla noto la macchina fotografica dietro un piede del letto, credevo di averla persa mesi fa, dentro ha ancora un paio di foto, faccio colazione con una mela ed esco, fuori c’è un bel sole, tira un’arietta primaverile, faccio una bella foto di un cane che acchiappa un fresbee e sbatte contro una vecchietta chinata a cogliere una margherita, me ne rimane una, passeggio un pò, dietro l’angolo c’è un gioco di luci interessante, punto, focalizzo, scatto e mi rendo conto che il gioco di luci è in realtà un velivolo metallico sospeso sopra la cima dei palazzi, l’oggetto schizza via ma la mia foto l’ha immortalato in alta definizione, sviluppo il rullino e vendo la foto dell’ufo ai giornali di tutto il mondo, mi arricchisco e vivo nel lusso per un po’, sino a quando una sera che sono in veranda a fumare, un raggio azzurrino mi risucchia nello spazio, dopo uno strano viaggio, atterro su un pianeta alieno e lì, con ben poche altre alternative a disposizione, comincio ad assimilare gli usi e i costumi degli autoctoni locali, dopo un tempo indefinito anche la mia fisionomia inizia a cambiare, pelle, struttura ossea, organi interni si modulano e si adattano al nuovo ambiente, in breve abbandono completamente la mia identità umana e muoio su quel pianeta con un sorriso stampato sulle mie due dentizioni.     

Mi sveglio, realizzo che oggi è un giorno in cui potrebbe succedere tutto e niente, ci penso su, domani sarà lo stesso, richiudo gli occhi e mi riaddormento per svegliarmi ancora.   

Commenti (4)

Per commentare devi fare
  • br
    brankolo Good luck da Ari e Marco!
    • GB
      Guido mi son dimenticato di aggiungere un extra alla ricompensa natalizia: SULLA COPIA DEL LIBRO CI SARA' UN DISEGNO ANNESSO (se mi mandate una vostra foto vi faccio la caricatura!)
      • GB
        Guido grazie nik!! la ricompensa per te sarà grossa e sugosa
        • NO
          Nik Daje Nesta!

          Community