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Audiolibro - Un nuovo nemico

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Andrea Bindella

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Andrea Bindella

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Il Progetto

Sono Andrea e da poco ho pubblicato il mio primo romanzo - "Un nuovo nemico" - un Thriller/Fantasy ambientato a Perugia. Ho intrapreso la via del self publishing perché mi piace curare personalmente il rapporto con i lettori.

Mi piacerebbe creare un AUDIOLIBRO ma non è possibile farlo in casa, perché richiede attrezzature per la registrazione e professionisti per la lettura.

Grazie a chi vorrà aiutarmi.


Quarta di copertina:

Esseri malvagi dai poteri inimmaginabili e all'apparenza senza cuore. Eppure, qualcosa li accomuna agli umani: la paura della morte.
Una caccia spietata ci guiderà alla ricerca di un nuovo nemico che ha deciso di sterminarli.
Riuscirà Richard, con l'aiuto di un manipolo di dannati, a svelare le complicate trame di questo gravoso incarico, affidatogli dal padre?
Spesso la spiegazione più semplice tende ad essere quella giusta.
Spesso, ma non sempre.


Un breve estratto:

Un nuovo nemico

Passarono diverse ore, prima che Paola tornasse a casa. La ragazza trovò Richard inginocchiato accanto a Greta, dove lo aveva lasciato prima di partire. Ora, però, impugnava una pistola e la teneva puntata contro di lei.
“Padrone, sono io, sono tornata”. Entrò nella camera.
“Sei sola?” chiese Richard, guardandola sconsolato.
“Nein!” si udì una voce con accento tedesco, provenire dal corridoio. “Ci sono anch’io” disse Krogh, entrando nella camera.
La faccia di Richard si rasserenò.
”Grazie, dottore. Grazie per essere venuto” disse il gigante, riponendo la pistola.
“Non mi devi ringraziare. E’ il mio lavoro” disse il dottore.
“Ha scoperto che tipo di veleno è stato utilizzato sull’uomo che abbiamo esaminato?” chiese impaziente Richard.
“Sì, l’hanno creato in laboratorio, una tossina sintetica. Blocca per un po’ i vostri poteri, così da potervi uccidere con più facilità, comunque per i vampiri non è letale” rispose Krogh.
“Perché Greta non si è ancora ripresa, allora?” chiese il gigante, battendo il pugno sul pavimento.
“Dipende dalla dose assunta. Potremmo provare a darle del sangue umano pulito, così da accelerarne la rigenerazione” rispose Krogh.
“Vado subito” disse Paola, uscendo dalla camera.
Richard approfittò dell’assenza dell’adepta per dare qualche aggiornamento al dottore sugli sviluppi delle loro ricerche. Il dottore non sembrava particolarmente interessato alle nuove scoperte, probabilmente desiderava soltanto portare avanti la propria ricerca.
Paola rientrò nell’appartamento, portando con sé un ragazzo alto e robusto. Il dottore fece sedere il ragazzo sul pavimento, accanto alla bara da letto. Effettuò un taglio sul polso, affinché potesse uscirne del sangue e lo appoggiò sulla bocca leggermente aperta di Greta.

Ad uno ad uno arrivarono tutti i membri della squadra: Richard li accolse nell’ampio soggiorno. Aspettarono con impazienza l’arrivo di François. Era passata oramai la mezzanotte, quando anche lui li raggiunse.

TRE GIORNI DOPO
“Questa non mi salverà la vita” pensò Richard, fissando la pistola. “Mi farà guadagnare qualche secondo, almeno spero. Giusto il tempo di scappare”.
Il gigante era rintanato in una casa sicura, suggeritagli dal padre. Caius gli stava dando la caccia e chissà quanti altri. Era però fiducioso che François e Adam avrebbero fatto ragionare Caius, in un modo o nell’altro e tutto si sarebbe sistemato.
“Inizio ad avere molta fame” disse tra sé e sé Richard.
Bussarono alla porta.
“Sono Paola” disse una voce femminile, proveniente dal corridoio.
“Il codice?” chiese Richard, dopo essersi alzato dal divano per avvicinarsi alla porta.
“Oh, santo cielo!” esclamò spazientita Paola. “Pure il codice! E va be’: Van Helsing è morto. Ma che razza di codice è questo?” chiese a bassa voce.
“Presto, entra. Ti hanno seguita?” chiese Richard, aprendo la porta.
“No, non mi hanno seguita”.
“Dov’è il cibo?”. L’ansia lo divorava.
“Mi avrebbero scoperta, signor Richard. Dovrà accontentarsi di me” rispose, mesta, Paola.

“Signore, l’abbiamo trovato” disse un uomo, attraverso una ricetrasmittente.
“Circondate l’edificio, aspettate me. Non entrate” rispose una voce maschile, attraverso la ricetrasmittente.

“Dici davvero, Paola?” chiese Richard, perplesso.
“Faccia in fretta, togliamoci il pensiero. Niente giochetti mentali e non mi faccia male” annuì la ragazza.
Richard si avvicinò a Paola, le prese un polso e la morse, il più delicatamente possibile. Bevve avidamente; solo verso la fine, si rese conto che il sangue aveva un sapore strano. Inoltre, gli ricordava vagamente quello di Greta.
Il gigante smise di bere e le rivolse uno sguardo accusatorio.
“Mi dispiace, padrone” disse la ragazza, con un filo di voce, tremante di paura.
“Che cosa hai fatto?” chiese, adirato ed incredulo, Richard.
“Mi avrebbero uccisa” rispose piagnucolando Paola.
La porta dell’abitazione venne sfondata all’improvviso. Iniziarono ad entrare, correndo, una decina di uomini muniti di protezioni, tipo S.W.A.T. Richard, con uno scatto fulmineo, afferrò la pistola sul tavolo e iniziò a sparare, ma con scarsi risultati. Dopo qualche secondo, la vista iniziò ad annebbiarsi. Gli uomini lo circondarono e dal corridoio entrò Caius. Si avvicinò a Richard a grandi passi e, quando fu a pochi centimetri da lui, gli tirò un pugno in faccia. Il colpo fu talmente forte da alzare il gigante da terra e mandarlo contro la parete retrostante. Richard cercò di rimettersi in piedi, ma il veleno ingerito lo stava disorientando e indebolendo.
“Rimettetelo in piedi, ho appena iniziato con lui” tuonò Caius, verso i suoi uomini.
Caius era un uomo sulla cinquantina: capelli brizzolati, baffi neri, corporatura normale, non molto alto. Era uno dei vampiri più vecchi del pianeta, i suoi poteri erano molto forti. Vestiva sempre giacca e cravatta ed era un uomo molto affascinante.
Due uomini presero Richard per le braccia e lo misero in piedi. Caius si avventò sul gigante e gli infilò entrambe le mani nel torace. Richard non si accorse di nulla. Un dolore terrificante gli annebbiò la mente e un fiotto di sangue gli uscì dalla bocca. Il gigante cadde in ginocchio ,urlando.
“Tranquillo, è solo l’inizio. Cerca di non morire subito. Capito?” disse, gongolando, Caius. “Siamo qui per divertirci” aggiunse, sorridendo.
“Questa è la fine” pensò Richard, mentre gli si offuscava la vista.
Caius si rese conto che il gigante stava per svenire e gli tirò due sberle per farlo tornare lucido. “Sveglia, Richard” disse, sempre sorridendo.
Lo afferrò poi per il collo e lo sollevò da terra. Con l’altro braccio iniziò a tirargli dei pugni spaventosi allo stomaco. Si udirono svariati crack provenire dalle costole di Richard, il quale continuava ad urlare per il dolore e a perdere sangue dalla bocca. Paola si mise le mani davanti agli occhi e scoppiò a piangere.

TRE GIORNI PRIMA
“Ora che siamo tutti qui, vi posso spiegare il perché di questa riunione improvvisa”. Fece ordine tra le idee. “Ieri sera, Greta ed io, siamo stati aggrediti da sei malintenzionati che hanno cercato di ucciderci. In uno dei cellulari recuperati, ho trovato una e-mail. Nel testo si faceva riferimento a qualcosa che avevo già sentito pronunciare in un’altra occasione, da una persona a noi nota. Così ho controllato i flussi bancari di questa persona e ho scoperto chi si cela dietro a tutte queste morti”. Fece un lungo respiro prima di proseguire. “Ho paura anche solo a pronunciarne il nome”.
“Dicci chi è, forza, non farci stare sulle spine” disse con impazienza François.
“Signori, dietro a tutto c’è Ramona” disse Richard, scosso da un tremito di paura, al suono della cetra.
Il gigante illustrò tutti gli indizi trovati: la Romania, la donna rumena, la telefonata di Ramona, i bonifici bancari. Tutto portava alla giovane sorella di Adam.
“E’ sconcertante” disse François.
“Come ha potuto uccidere Rufus?” chiese tristemente Antonio.
“Non mi sono mai fidato di lei” aggiunse Chris.
“Padre, cosa facciamo ora? Stiamo parlando della figlia di Caius, non di un vampiro qualsiasi” chiese Richard.
“Lasciate fare a me. Chiamerò Adam, cercherò di convincerlo. Dovrà credermi, le prove parlano chiaro”. Sembrò titubante. “Con permesso” disse François, alzandosi dalla sedia.
Si allontanò dal gruppo per andare nello studio di Richard. Nell’attesa che François tornasse, il gruppo continuò a scambiarsi opinioni, in merito alle prove trovate.
“Non è stato facile” disse François, rientrando nel soggiorno. “All’inizio pensava fosse uno scherzo di cattivo gusto. Dopo qualche minuto, sono riuscito a farlo ragionare. Avrebbe chiamato Caius e Iulia per informarli”.
“Non possiamo certo starcene qui impalati, mentre quella squilibrata è ancora in libertà” disse Antonio.
“Hai ragione” disse Chris. “Facciamogliela pagare a quella figlia di buona donna”.
“Come possiamo fare? Avete idea di quali poteri mentali è dotata?” chiese Richard.
“Un modo ci sarebbe” disse Krogh, che fino a quel momento era rimasto in silenzio. “Basta avvelenarla. Come hanno fatto loro con gli altri vampiri uccisi”.
“Dove lo prendiamo il veleno, vecchio?” chiese irritato Chris.
François fulminò Chris con lo sguardo e poi aggiunse: “Lo scusi, dottore. E’ la gioventù. Dove possiamo trovare questo veleno? Se non ho capito male, l’hanno creato in laboratorio”.
“Non siete molto svegli” rispose Krogh. “Lavoro in un centro di ricerca. Il veleno l’abbiamo già, ricordate il sangue del morto? Basterà sintetizzarne dell’altro”.
“Diciamo che il veleno l’abbiamo. Come facciamo a darlo a Ramona? Se ci legge la mente siamo spacciati, ancora prima di avvicinarci per iniettarglielo” chiese Richard.
“Possiamo farglielo mangiare” rispose sogghignando François. “Lo inietteremo nel suo cibo, lei berrà il sangue e il gioco è fatto”.
Scoppiò un applauso all’unisono.
“Bene. Dottor Krogh, vada a sintetizzare il veleno, per favore. Domani sera passeremo a prenderlo e dopo domani”. Guardò i presenti negli occhi uno ad uno. “Dopodomani metteremo in cella Ramona” disse François. “Domani chiamerò Adam, gli chiederò le abitudini della sorella. Così saremo sicuri di iniettare il veleno nella persona giusta”.
Si era quasi fatta l’alba, il gruppo si salutò, entusiasta del piano studiato fin nei minimi dettagli.
Richard, salutati gli ospiti, tornò in camera da Greta, sdraiata nella bara da letto. Non si era ancora ripresa. Paola aveva portato via il ragazzo e ora stava spazzando il pavimento, per togliere tutti i pezzi del coperchio frantumato.
“La sposto nell’altra bara da letto, questa va aggiustata” disse Richard, sollevando Greta.
“Domani la farò aggiustare” disse Paola.
“Buonanotte”..
“Notte” rispose Paola.
Richard andò nella camera degli ospiti. Mise Greta all’interno della bara, si tolse i vestiti e si stese accanto a lei. Ovviamente, mise la pistola sotto il cuscino, voleva dormire tranquillo.

Richard si svegliò con i dolci baci di Greta. Lo guardava con amore, sdraiata sopra al suo petto.
“Buongiorno, dormiglione” disse sorridendo Greta.
“Buongiorno, piccola” disse felice Richard. “Ti sei svegliata, finalmente”.
“Perché? Cos’è successo?” chiese perplessa Greta.
Richard le sorrise con amore e le raccontò tutto quello che si era persa. Dall’aggressione, alla scoperta di Ramona, fino al piano per la cattura.
Passarono tutta la serata accoccolati sul divano, ascoltando musica jazz. François inviò a Richard un SMS, per avvertirlo che il dottore aveva consegnato il pacco. L’indomani era vicino e la tensione era alle stelle.

Richard si svegliò appena fu calato il sole, uscì dalla bara e fece colazione. Andò a farsi una doccia e lì, lo raggiunse Greta, ancora insonnolita. Si vestirono e uscirono per andare all’appuntamento. Ramona abitava in una villa a Monte Malbe, si sarebbero dovuti incontrare alle otto nel parcheggio del cimitero di San Marco. L’abitazione distava solo pochi minuti dal punto di ritrovo.
Arrivarono puntuali. François aveva noleggiato un SUV nero: Richard si mise seduto davanti, accanto al padre; Greta, Antonio e Chris salirono dietro.
“Adam mi ha dato il codice di sicurezza per aprire il cancello dell’ingresso. Mi ha detto che Ramona si nutre alle otto e mezzo, dobbiamo solo aspettare che arrivi la cena e poi metteremo in atto il nostro piano” spiegò François.
Nell’auto regnava il silenzio, erano tutti abbastanza ansiosi e temevano che qualcosa potesse andare storto. Era un piano pericoloso, ma andava fatto. François fermò il SUV accanto alla pulsantiera del cancello, digitò il codice e le ante si aprirono verso l’interno. Condusse l’auto a passo d’uomo lungo il viale alberato, fermandosi sul retro dell’abitazione, dove era situato l’ingresso all’ampia cucina.
La villa di Caius era una casa molto grande, disposta su due livelli. Era circondata da molti ettari di terreno, tutti adibiti a bosco. Visto il ruolo che ricopriva, gli capitava molto spesso di dover dare feste alle quali gli invitati erano per lo più umani. Al piano terra, aveva creato delle ampie cucine dove gli chef potessero preparare sontuosi banchetti per gli invitati, ed un salone grandissimo. Le camere e lo studio erano situati al primo piano.
Alle otto e venticinque, una macchina entrò dal cancello e si fermò vicino al SUV nero.
“Greta, ora è il tuo turno. Bloccali per qualche minuto, giusto il tempo dell’iniezione” disse François, scendendo dall'auto.
La ragazza produsse un’allucinazione che coinvolse tutti quelli a bordo dell’altra auto. Quando François aprì lo sportello posteriore della macchina appena arrivata, vide che i tre passeggeri fissavano il vuoto, senza muoversi. Prese la siringa dalla tasca della giacca e fece l’iniezione all’uomo che sarebbe diventato la cena di Ramona. Poi chiuse lo sportello e tornò nel SUV.
“Bravissima, Greta” disse François, chiudendo la portiera della macchina.
Greta terminò l’allucinazione: i tre passeggeri dell’altra auto scesero e si diressero all’ingresso sul retro, aprirono la porta e scomparvero all’interno della villa.
“Come hanno fatto a non vederci?” chiese perplesso Chris.
“Alla loro vista, non c’era alcun SUV parcheggiato” disse affaticata Greta. “Alla fine di questa storia, spero di essere generosamente ricompensata”.
Scoppiarono tutti a ridere.
“Quanto tempo ci vorrà, prima che il veleno faccia effetto?” chiese Richard.
“Il dottore ha detto qualche minuto. L’effetto durerà per due o tre ore. Mi ha dato altre dosi, da iniettarle direttamente in vena. Resterà K.O. per tutto il tempo necessario, stai tranquillo, Richard” rispose François.
Aspettarono fino alle nove per essere certi che il veleno facesse effetto. Scesero tutti dall’auto e si diressero all’ingresso posteriore della villa, non c’erano guardie, così aprirono la porta ed entrarono. La cucina era vuota. Richard notò che era grande quanto il suo appartamento; ci misero un po' prima di arrivare al passaggio che conduceva al salone. La porta aveva un oblò vetrato, François ci sbirciò attraverso e disse a bassa voce: “Ramona è stesa sul pavimento. Ci sono quattro guardie con lei”. Pensò alla mossa successiva. “Richard, seguimi”.
François spalancò la porta, seguito da Richard. Entrambi si misero a correre verso le guardie. Gli attacchi mentali, però, sembrarono non avere alcun effetto su quegli uomini.
“Sono vampiri!” esclamò, con disappunto, François.
Richard colpì la prima guardia che gli capitò sotto mano, assestandogli una gomitata sotto la mascella. La guardia, però, sapeva il fatto suo: parò con la mano il colpo di Richard e cercò di colpirlo con un calcio al volto. Il gigante schivò il colpo, afferrò la gamba dell’uomo e, con una torsione del busto, lo lanciò in mezzo al salone. La guardia atterrò sulla schiena e si rimise in piedi con una capriola all’indietro.
“Qui facciamo giorno” disse, spazientito, Richard.
Nel frattempo, François stava combattendo contro un altro vampiro; se le stavano suonando di santa ragione. Gli altri due vampiri avevano preso Ramona e stavano tentando la fuga. All’improvviso, si udirono dei colpi d’arma da fuoco.
“Quei due non andranno più da nessuna parte” urlò Chris, ridendo.
Aveva sparato alla testa di entrambi i vampiri con una pistola di grosso calibro. Praticamente, i due poveretti avevano mezzo cranio spappolato. Chris, vedendo François e Richard in difficoltà, si avvicinò alle altre due guardie e fece la stessa cosa.
“Chris, ma che hai combinato?” chiese adirato François. “Non li dovevamo uccidere”.
“Magari la testa gli ricresce” rispose sprezzante Chris. “Stava andando troppo per le lunghe, capo. Metti che Ramona si fosse svegliata!”.
Richard scosse la testa e si diresse verso Ramona, per recuperarne il corpo. La prese in braccio, sollevandola da terra. La ragazza aprì gli occhi: al gigante si gelò il sangue nelle vene e, inspiegabilmente, iniziarono a battergli i denti.
“Mettimi immediatamente giù” gli ordinò Ramona.
Richard non sapeva cosa fare.
“Mettimi giù o loro moriranno” ordinò nuovamente Ramona.
Richard si girò verso i suoi compagni: Chris aveva puntato la sua pistola alla testa di François e Antonio stava facendo la stessa cosa con Greta.
“Non ascoltarla, ci ucciderà comunque” urlò François.
“Ti prego, falla smettere” piagnucolava Chris. “Non riesco a muovermi! Non voglio uccidere François!”.
“Ora mi è tutto chiaro” disse Antonio. “E’ stata Greta ad uccidere Rufus! Solo uccidendola potrò trovare la pace”.
“Falli smettere, ti prego” disse balbettando Richard a Ramona.
“Mettimi giù, ho detto!” urlò Ramona.
Il suono della cetra risuonò nelle orecchie di Richard; un urlo disumano squarciò la quiete della villa.
“Maledetta strega!” urlò Richard, afferrando Ramona per la gola. “Devi morire! Tu e quella maledetta cetra!”.
Afferrò con entrambe le mani la testa della ragazza e, con uno strattone sovrumano, gliela staccò dal collo. Il corpo di Ramona cadde a terra, come una pera matura quando si stacca dall’albero. Chris abbassò la pistola e Antonio fece lo stesso. Richard rimase con la testa della ragazza in mano, mentre continuava a fissarla negli occhi oramai spenti.
“Non sarebbe dovuta andare così” disse sconvolto Adam.
Era arrivato da qualche minuto ed aveva assistito a tutta la scena.
“Ramona, sorella mia. Perché? Non doveva morire in questo modo! Santo cielo!”.
François si avvicinò a Richard: “Fratello, metti giù quella testa”. Gli posò una mano sulla spalla.
Richard lasciò cadere a terra la testa della ragazza che rotolò verso il corpo, prima di fermarsi.
“Vieni, seguimi, torniamo alla macchina. Lascia fare a me, sistemeremo tutto” aggiunse François.
Richard seguì suo padre fino al SUV. Aprì lo sportello e salì. Aveva le mani ancora sporche di sangue e nella sua mente riviveva quegli ultimi istanti di follia. Passò qualche minuto prima che lo raggiungesse anche Greta.
“Non darti il tormento, hai fatto la cosa giusta. Ci avrebbe ucciso tutti” disse Greta, con un filo di voce.
“Sì. Forse” si limitò a rispondere Richard.
Greta lo accarezzò, gli diede un bacio sulla fronte e aggiunse: “Grazie per avermi salvato la vita”.
Richard rimase da solo seduto nell’auto, fino a mezzanotte circa, quando tornò a trovarlo François: “Dovrai nasconderti per qualche giorno. Adam ed io parleremo con Caius e Iulia. Gli diremo come sono andate le cose, stai tranquillo. Per precauzione, tu nasconditi in una casa sicura. Solo tu ed io sapremo dove sarà situata”.
“Ma dici davvero?” chiese basito Richard. “Abbiamo risolto il caso, ucciso la vampira fuori di testa e ora IO dovrei nascondermi? Temete che Caius possa fare il matto?”.
“E’ per precauzione Ricardus. Non conosci Caius: hai ucciso la sua bambina. Viveva solo per lei”. Gli tornò in mente la scena di qualche ora prima e scosse la testa. “Le hai staccato la testa a mani nude” rispose sconsolato François.
“Ho esagerato?” chiese sempre perplesso Richard.
“Forse un pochino. Ma almeno ci hai salvato la vita. Chissà a quanti altri l’hai salvata. Sei un eroe, Ricardus. Sono molto fiero di te” disse, sorridendo, François, dandogli una pacca sulla spalla. “Ora vai, non passare da casa. Prendi questa pistola, è di Chris. Vai in quell’appartamento che abbiamo in affitto a San Sisto. Resta nascosto e non uscire. Ti contatterò io quando tutto sarà sistemato”.
Richard stava per dire qualcosa, quando François lo interruppe: “Vai, gli altri capiranno. Non c’è bisogno di perdere ulteriore tempo in inutili saluti”.
Richard annuì, mise in moto il SUV e si diresse verso quel nascondiglio sicuro. Guidò fino ad arrivare alla stazione dei treni di Perugia, abbandonò l’auto e prese un taxi. Si fece lasciare a qualche chilometro dall’abitazione, che raggiunse a piedi nascondendosi nelle ombre della notte. L’appartamento era piccolo, un bilocale con un arredamento minimo e di scarsa qualità. Si trovava al primo piano di una palazzina, in mezzo a tante altre tutte uguali. Era il posto perfetto per nascondersi. Richard si accertò che nessuno l’avesse seguito, fece il giro dei palazzi vicini diverse volte. Alla fine, entrò nel condominio, salì le scale e si introdusse nell’appartamento.
Era stanco e ancora imbrattato di sangue. Fece una doccia, si mise seduto sul divano davanti alla porta dell’ingresso e aspettò l’alba con la pistola in mano. Il sole stava quasi per sorgere, così s’infilò nella bara da letto, chiuse il coperchio e si addormentò.

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