La storia è quel gigante saggio che può spiegarci la quotidianità attraverso le lezioni del passato: il documentario “Massarì” pare proprio voglia illustrarci questa verità, raccontandoci, in un turbinio di immagini e riferimenti intrisi di poesia, il senso e l’importanza delle masserie.
Proprio queste straordinarie strutture, un tempo centro nevralgico della produzione e della vita, incarnazione tangibile del meraviglioso mondo agricolo alla base della nostra civiltà, fanno avvertire la loro presenza agli spettatori, lungo una storia che si dipana nei secoli passati per giungere ai giorni nostri sotto nuove forme.
La semplicità del titolo rispecchia in pieno la semplicità del mondo narrato, fatto del rapporto profondo e quasi spirituale con la propria terra, della radice che sembra avvolgere con premura l’avvenire di famiglie e generazioni in un abbraccio tra la gente e il paesaggio circostante, lontano dai fasti e dalle vertiginose promesse del progresso tecnologico.
“Massarì” però non è solo un canto del cigno di un mondo che non c’è più, anzi: l’ambizione di questo lavoro è piuttosto quella di parlare della straordinaria vitalità di queste costruzioni, in cui sembra rivivere continuamente l’alito di un popolo genuino e puro, dove traspare il poderoso richiamo al rispetto per le proprie tradizioni e la capacità di rappresentare, sotto nuove forme, gli antichi concetti legati al riposo e al ristoro.
E proprio partendo da queste considerazioni è possibile rivedere, nelle moderne funzioni di alberghi e strutture ricettive di ogni sorta, la nuova dimensione della masseria, che lungi dal tradire se stessa, ricalca le proprie orme ribadendo che il passato è la sola strada che possa indicare la via del futuro.


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