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Una casa sicura per Wisam, Sham, Wana e Aser

Una campagna di
Amici di Sharif

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Una casa sicura per Wisam, Sham, Wana e Aser

Una casa sicura per Wisam, Sham, Wana e Aser

Campagna terminata
  • Raccolti € 220,00
  • Sostenitori 6
  • Scadenza Terminato
  • Modalità Donazione semplice  
  • Categoria Fundraising personale

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Il Progetto

1 milione di bambine e bambini di Gaza ha bisogno di assistenza, educazione e famiglia. Cominciamo a ricongiungere chi è costretto alla lontananza

«In un minuto, la vita intera di una casa finisce»
La casa assassinata, Mahmoud Darwish

La storia della famiglia di Sharif è la storia di Gaza, di persone oltre i numeri. Sharif Hamad è un giovane palestinese di Beit Hanoun, città nel nord della Striscia di Gaza, implacabilmente nel mirino dell'esercito israeliano a ogni offensiva militare: è la porta di ingresso della piccola enclave palestinese. «La prima parola che due dei miei figli, Wisam e Aser, hanno detto quando hanno imparato a parlare è stata kahraba. In arabo significa elettricità. Prima di dire mamma o papà, hanno detto elettricità. Perché qui non c'è mai».

Hanno ricostruito la loro casa già due volte negli ultimi sette anni. La prima era stata distrutta nel 2014, durante l'operazione Margine Protettivo: da lì è iniziata una via crucis. «Con mio fratello Raed – racconta Sharif – raccoglievamo materiali tra le macerie delle abitazioni distrutte, quello utilizzabile. E lo ripulivamo».

Nel 2016 la nuova casa era pronta. Ma la nuova casa, «il posto in cui dovresti sentirti più al sicuro», ha resistito appena cinque anni. Il 19 maggio 2021 un missile israeliano l'ha sventrata. Il giorno dopo sarebbe stato annunciato il cessate il fuoco tra Tel Aviv e Hamas, dopo undici giorni di operazione militare israeliana che ha ucciso 248 palestinesi, di cui 66 bambini. Tra quei 248 cadaveri, c'era anche quello di Raed, fratello di Sharif.


© Mohammed Zaanoun, Beit Hanoun, Gaza, Marzo 2021
© Nena News

Sharif, in Italia dal 2017 per una laurea in Diplomazia pubblica e culturale a Siena, ha ricevuto il primo messaggio da Gaza poco dopo. Gli dicevano che la sua casa aveva preso fuoco, che Raed era morto. Ha saputo che il suo figlio più piccolo, Aser, due anni e 8 mesi, era ricoverato in ospedale. Del resto della famiglia non si avevano notizie. 

Solo dopo ha potuto ricostruire quanto avvenuto: «Il giorno dell'attacco Raed era a casa con mia madre, mia sorella, mia moglie Byader e i nostri quattro figli. Mio padre era da mio fratello Wisam, insisteva perché anche gli altri andassero da lui: è meno pericoloso, diceva. Li ho chiamati poco prima, stavano bene. Raed era sdraiato su un materasso, riposava: “La notte non dormo. Non posso dormire perché se c'è un attacco devo essere pronto a prendere tutti e scappare”, mi aveva detto».

«I bambini stavano giocando, mia madre era in salotto e mia moglie era con Aser. Raed si è alzato per aprire la finestra. Il missile è entrato in quel momento. Byader ha protetto Aser con il suo corpo. La casa ha preso fuoco. In mezzo al fumo, sono riusciti a fuggire. Non Raed. Di lui non sono rimaste nemmeno le scarpe. Solo le foto che i suoi amici continuano a pubblicare: non ce n'è una in cui non sorrida».

Perché Raed era così, era un ottimista. E si prendeva cura della grande famiglia e dei figli di Sharif. Ora c'è una casa da ricostruire, ferite da curare. «La morte di Raed ha cambiato tutto. Sento un vuoto enorme. È come se non sentissi più il mio cuore. In questi anni ho provato a costruire una vita fuori per i miei figli e la mia famiglia, anche per Raed che non è mai uscito da Gaza. Lo vedo ovunque».

Sharif è al lavoro, vuole portare la sua famiglia in Italia: Byader e i quattro figli, Sham di 9 anni, Wisam di 7, nato in piena operazione Margine Protettivo nell'agosto 2014, Wana di 4 e Aser, il più piccolo, nato quando lui era già in Italia («Non l'ho mai visto, non l'ho mai abbracciato»). Per anni ha insistito con loro, per farli partire e raggiungerlo a Siena, hanno sempre rifiutato, preferivano Gaza. «Ora mi chiedono di portarli via da lì, non vogliono più entrare nella casa dove hanno visto uccidere lo zio. Me lo ripetono a ogni telefonata. Ho un lavoro e sto preparando le carte per il ricongiungimento familiare. Non ce la faccio più ad aspettare: ho paura, quel cessate il fuoco è fragilissimo».

A COSA SERVIRANNO I FONDI RACCOLTI

Come amici di Sharif vogliamo aiutarlo a realizzare questo sogno il prima possibile. Perché ciò si possa avverare è necessario aiutare Sharif e la sua famiglia a coprire queste spese:

Spese di affitto per la casa che la famiglia di Sharif a Gaza sta coprendo adesso, dopo che la loro a seguito del bombardamento è inagibile

Spese per le necessità quotidiane dei bambini: con la perdita di Raed, fratello di Sharif, la famiglia non ha più uno stipendio su cui contare

Spese per il viaggio verso l'Italia: Byader insieme ai 4 figli dovranno sostenere molte spese per venire in Italia e per trovare una casa in cui stare

Anche il più piccolo contributo sarà utilissimo per coprire le prime esigenze della famiglia e per organizzare il viaggio verso l'Italia.

Dopo l'ennesima guerra e la distruzione che ha portato, vogliamo cambiare il destino di questi 4 bambini e dei loro genitori, aiutaci a farlo.

I fondi che riusciremo a raccogliere serviranno a loro per ricominciare finalmente insieme, in una casa sicura

Ringraziamo di cuore Chiara Cruciati, giornalista de Il Manifesto, per averci aiutato a raccontare la storia di Sharif e della sua famiglia

Commenti (1)

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    Giacomo Daje, che insieme si riesce a fare tutto!